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POTENZA – Non è solo la tragica storia di una donna morta in circostanze e per responsabilità ancora tutte da chiarire, ma soprattutto la penosa vicenda di miserie umane che hanno trovato spazio dentro e fuori quella sala operatoria. Con il passare dei giorni è sempre più chiaro che il grave fatto che ha portato la Cardiochirurgia di Potenza alla ribalta della triste cronaca nazionale è maturato in un contesto di gelosie professionali, veleni e reciproche vendette.

Un clima che per anni ha caratterizzato uno dei reparti più delicati dell’ospedale del capoluogo, una volta eccellenza, da troppo tempo in balia di ostilità sfociate nell’epilogo peggiore che si potesse immaginare.

Sarà la magistratura a stabilire quello che è accaduto veramente alla signora Elisa, ormai più di un anno fa; ma nel frattempo si fa sempre più largo l’angosciante ipotesi di una morte strumentalizzata.

La deriva di rancori che arrivano da lontano. Combattuti con tutte le armi a disposizione, non solo quelle lecite. Anche a colpi di relazioni che ognuno dei protagonisti poteva vantare all’esterno.

Fino ad arrivare al punto più basso: una conversazione registrata dal dottor Fausto Saponara, che quel giorno non faceva parte dell’equipe che ha eseguito l’intervento, mentre il collega Michele  Cavone (a suo dire inconsapevole di essere registrato) confidava la propria angoscia. «Una trappola», dice oggi quest’ultimo.

«Per me la pubblicazione – ha spiegato ieri Cavone ai microfoni di Rai 3 – è stato un fulmine a ciel sereno». Tirando in mezzo anche le storia personale del suo collega. 

Una causa per mobbing vinta contro l’ospedale. Seguita da un nuovo provvedimento disciplinare dell’azienda (contro cui ha fatto causa), in quanto per difendersi avrebbe utilizzato documenti che non potevano essere utilizzati. Ora anche Saponara, marito del giudice di Potenza, Gerardina Romaniello, si difende. Il suo legale, l’avvocato Michele Napoli, precisa: «Ha sempre e solo agito nel rispetto del giuramento di Ippocrate ed al solo fine di tutelare la salute dei pazienti».

Napoli ha poi annunciato: «Il dottore si difenderà nelle sedi opportune contro la sospensione», comunicata dal Dg Maruggi.

Ma difese a parte, restano i fatti: una registrazione arrivata alla redazione di un giornale, preceduta da un esposto anonimo in Procura. Così dettagliato su quanto accaduto in quella sala operatoria da far decidere subito sull’apertura di una indagine.

E’ chiaro che la fonte è interna al reparto o comunque vicinissima all’equipe dei cardiochirurghi che quel giorno ha operato.

E lo scopo – è questo l’aspetto più triste di tutta la vicenda – non sembra essere quello di portare alla luce un caso di presunta malasanità. Prova evidente ne sono le modalità, per certi tratti barbare, con cui tutta questa vicenda viene portata alla luce.

Del resto che a Cardiochirurgia sia in corso una guerra senza esclusione di colpi a molti è già ben noto.

Un clima da corvi che spinge primari d’eccellenza a scappare da Potenza. Riempie di contenuti le pagine di giornali locali. Sfocia in interrogazioni, mozioni consiliari e provvedimenti disciplinari.

Nel 2012 è il consigliere Michele Napoli a portare il caso sui banchi del Consiglio.

L’esponente di Forza Italia, di professione fa l’avvocato, ma ha così a cuore le questioni sanitarie, che oltre a interessarsi dei numeri in calo dei ricoveri  nel reparto di Cardiochirurgia, vuole sapere anche perché si faccia, a suo dire, eccessivo ricorso di una tecnica di intervento che invece – spiega sempre lui nella sua relazione – andrebbe utilizzata solo in alcuni casi ed è comunque molto dispendiosa.

Napoli è anche tra i promotori dell’iniziativa dei consiglieri che giovedì scorso hanno tenuto una conferenza stampa sul caso. In aula chiede tutta  “tutta la verità” sul quanto accaduto alla signora Elisa.

Ma nel suo studio privato, in qualità di suo legale, difende gli interessi di Fausto Saponara, ovvero il dottore coinvolto in prima persona per aver registrato le parole del collega Cavone.  

Una nuova storia che ripropone un vecchio modello: quello di relazioni troppo dirette, forse inevitabili in una città piccola come Potenza, e di interferenze tra Palazzi che ci hanno già dato notorietà per altri tristi vicende.

m.labanca@luedi.it

 

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