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POTENZA – Sul piede di guerra i sindacati ci sono già, anche se non esiste ancora un testo che possa spiegare chiaramente cosa si prevede in Italia, e in particolare in Basilicata sulle future estrazioni. Ma i sindacati sono pronti, chiamano alla eventuale mobilitazione non solo il mondo politico, ma anche la cittadinanza. Fuori dall’appello, forse, restano soltanto le associazioni e i comitati ambientalisti, perché il petrolio, almeno per Cgil e Uil resta comunque la migliore strategia per poter rilanciare lo sviluppo della Basilicata. «Ci hanno presi in giro» urla Alessandro Genovesi – segretario regionale della Cgil – e il riferimento è soprattutto al ministro Federica Guidi. «E non a caso – continua – come Cgil, insieme a Cisl e Uil, avevamo deciso di non partecipare più al tavolo con il Governo, in quanto le giuste pretese della Basilicata erano ormai state spiegate e rispiegate e toccava al Governo fare le proprie scelte, una volta per tutte. Almeno chiarezza è stata fatta».
Ci sono diversi punti da tenere in considerazione: l’eliminazione della card carburante a favore di un fondo per la coesione sociale, che in Basilicata si dovrebbe tradurre nel reddito di inserimento, o di cittadinanza che dir si voglia, è stato uno dei cavalli di battaglia dei sindacati. Diversamente invece la linea sulla questione delle royalties fuori dal patto di stabilità solo dal 2015, suona come un ricatto. Certo, non sono gli unici a dirlo ma «sulla questione “modifica decreto attuativo dell’articolo 16” – insiste Genovesi – quanto sulla questione dell’esclusione delle royalties dal Patto di Stabilità sembra essere passata un’impostazione a dir poco ricattatoria che riconosce quanto richiesto dalla Regione esclusivamente per le nuove estrazioni e per i nuovi progetti di sviluppo, cioè – per quanto riguarda il patto di stabilità – varranno solo (e per un periodo limitato nel tempo) le nuove estrazioni legate ai 25 mila barili ENI e agli eventuali 50 mila di Total, mentre per il riconoscimento delle maggiori entrate fiscali (portate al 20% senza più il tetto) addirittura varranno solo i progetti successivi a quelli già autorizzati».
L’altro aspetto riguarda la nuova impostazione governativa che in barba al concetto di autonomia si muove verso una grande operazione centralista quantomeno sullo sfruttamento energetico. Centralismo che ovviamente riguarderà anche autorizzazioni e procedure, per non parlare delle valutazioni di impatto ambientale. Tutte cose che «se incostituzionali – chiude Genovesi – visto che ancora la riforma del Titolo V non è legge (con buona pace di Renzi, del Mise e delle multinazionali del petrolio) e quindi alla prima verifica giuridica saranno dichiarate illegittime, segnano politicamente un’inversione di tendenza evidente, contro ogni principio di leale collaborazione tra Regioni e Stato centrale, a tutto danno dei cittadini e dei territori».
Quindi cosa fare? «Dare una risposta all’altezza della vertenza, chiedendo che già nella conversione del decreto vengano accolte le richieste della Basilicata, e sostenendo tali richieste con una mobilitazione forte di tutte le forze sociali, politiche e della società civile, se serve in piazza, a Roma. E su questo come Cgil invitiamo da subito tutti i rappresentanti istituzionali e politici, parlamentari ed esponenti lucani nel Governo Renzi, ad impegnarsi per una battaglia politica a tutto campo, mettendo gli interessi dei disoccupati, dei pensionati, dei giovani senza lavoro, avanti a tutto».
Carmine Vaccaro, segretario della Uil, non affronta il problema in maniera diversa, anzi rincara la dose. «Renzi affama la Basilicata» dice, perché nel decreto manca un aspetto fondamentale: lo sblocco totale delle royalties dal patto di stabilità.
«Queste risorse – dice Vaccaro – sono oggi le uniche in grado di fronteggiare un’emergenza sociale, produttiva, occupazionale e civile che è fotografata in troppi primati negativi della Basilicata: le condizioni di povertà delle famiglie, l’incremento della disoccupazione (specie giovanile e femminile) come riferisce oggi l’Istat, la sofferenza delle piccole e medie imprese, la fragilità di infrastrutture non solo viarie ma indispensabili alla qualità della vita dei cittadini».
E questo è ovviamente la motivazione cardine della possibile mobilitazione ma ci sono alcune divergenze tra Cgil e Uil, divergenze che sembrano chiare nella chiosa di Vaccaro. «Abbiamo chiesto – tutti insieme, Regione, sindacati, partiti – senza essere ascoltati di cambiare il meccanismo di erogazione della card carburante per privilegiare il welfare sociale prevedendo, tra l’altro, la trasformazione della card in buoni per la spesa alimentare di famiglie e pensionati con l’effetto di rilanciare i consumi nei piccoli negozi che rischiano di abbassare la saracinesca. Nelle scelte del provvedimento governativo cogliamo inoltre una profonda insensibilità sociale da parte di chi pure a parole aveva annunciato una rinnovata attenzione per gli ultimi, purtroppo limitata al bonus di 80 euro e non per tutti». Renzi, insomma, dovrà essere convinto a tornare indietro sui suoi passi.
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