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POTENZA – Il preside aveva minacciato di trasferire le classi di pasticceria a casa dei suoi studenti, e di inviare mignon in Tribunale fino al dissequestro del forno, che per poco ad aprile non gli avevano rubato. Ma il pasticcio vero è un altro: perché in realtà il dissequestro c’è già, e se la didattica a settembre rischia comunque di partire in ritardo, basterebbe un’istanza ad hoc per rimuovere in via temporanea i sigilli, ed effettuare i lavori previsti. Solo che nessuno l’ha presentata.
Rischia di assumere contorni imbarazzanti la vicenda dell’Alberghiero di Melfi esplosa nei giorni scorsi con la denuncia di Michele Masciale, dirigente scolastico dell’Istituto.
Il tanto invocato dissequestro risulta infatti già disposto, a maggio, dal Tribunale di Potenza, in uno alla condanna inflitta al’ unico membro identificato della banda di ladri, che ad aprile aveva provato a portare via assieme al forno una grossa impastatrice e una gelatiera custoditi nei laboratori dell’alberghiero.
L’ordinanza del giudice Gerardina Romaniello è rimasta da allora depositata in cancelleria assieme all’istanza di Masciale, che pochi giorni prima dell’udienza fissata per il processo in direttissima aveva chiesto di rimpossessarsi dei macchinari per le lezioni. Ma forse si attendeva una lettera di risposta, perché non sembra essersi premurato di informarsi sull’avvenuta decisione.
D’altronde per la partenza delle notifiche a distanza della decisione sarebbe occorsa qualche settimana. Per questo ad oggi – a causa della sospensione feriale delle attività giudiziarie – non risultano ancora decorsi i termini per proporre ricorso in Cassazione contro la condanna: termini che dovrebbero scadere a fine settembre.
Il risultato è che fin tanto che la sentenza contro il ladro dell’alberghiero non sarà esecutiva non si può disporre la rimozione dei sigilli, “sospesa” fino ad allora. Si può pensare soltanto alla loro rimozione “temporanea” in modo da permettere che vengano svolti i lavori sui locali, ma per questo servirebbe un’istanza specifica. Così almeno la didattica potrebbe riprendere quanto prima, una volta definita la vicenda giudiziaria. Altrimenti c’è il rischio che il presunto ladro presenti un ricorso in Cassazione chiedendo, per esempio, una verifica sulla presenza delle sue impronte digitali, e l’accusa venga intaccata dall’impossibilità di effettuarli perché “il corpo del reato” è stato compromesso.
Ad aprile erano stati i carabinieri a sventare il “raid” all’Istituto alberghiero di Melfi riuscendo a catturare uno dei 4 membri della banda entrata in azione.
Antonio Cilento, 29enne di Scampia, è stato fermato a causa della sua stazza abbondante, dopo che i militari del Nucleo operativo radiomobile erano stati messi sul chi va la da una segnalazione nei giorni precedenti. Merito di un cittadino, che aveva notato un furgone bianco aggirarsi nelle strade del centro cittadino, e si è insospettito, perché il conducente non sembrava per nulla una persona del posto.
E’ per questo che la sera del “colpo”, quando è arrivata un’altra segnalazione identica in tutto e per tutto, i militari non si sono fatti pregare e un quarto d’ora dopo erano già in strada nel punto dell’ultimo avvistamento, dove il furgone risultava “sparito”.
Si trovavano giusto all’altezza del cancello dell’Istituto alberghiero, chiuso come se niente fosse. Ma hanno deciso di controllare lo stesso il lucchetto scoprendo che era stato tranciato e rimesso al suo posto per fare scena. Così hanno capito che i ladri potevano essere ancora dentro e si sono preparati per l’irruzione.
E’ stata questione di istanti e svoltato l’angolo dell’edificio il furgone bianco è ricomparso, fermo all’ingresso del laboratorio col portellone posteriore aperto. I ladri avevano già caricato materiale per un valore stimato sui 50mila euro ma per terra, smontato, ce n’era anche dell’altro.
l.amato@luedi.it
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