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“HO AVUTO l’opportunità di visitare grandi e piccole aziende agricole, imprese artigiane e nuovi siti dove si sono sviluppate attività economiche, frutto di iniziative intelligenti e originali. In Basilicata, Campania, Puglia e Calabria  sto toccando con mano quanto sia forte la volontà di far ripartire il Mezzogiorno”.

Incontriamo il vicepresidente del Banco di Napoli Giovanni Tricchinelli, in visita in una delle grandi aziende lucane  del Metapontino, dove si producono primizie alimentari e frutta pregiata, da esportazione.

Perché questa formula che ha successo qui in agricoltura, non si può esportare nelle altre regioni del mezzogiorno?

Purtroppo, non è solo una questione di formule. Nel Mezzogiorno sono tanti i fattori che vanno considerati. Il territorio, le infrastrutture, la stessa cultura imprenditoriale. Non sempre la stessa formula può essere vincente in territori diversi tra loro. Un conto è il Metapontino o il Salento e altra cosa è l’Irpinia o la Locride.  Il Sud è molto più variegato di quello che appare e quindi le misure di sostegno ai territori non possono essere uguali per tutti.

Il Mezzogiorno  è una macroregione a “macchia di leopardo”. Nonostante i grandi investimenti pubblici del passato, i fondi comunitari e gli stessi finanziamenti ci sono  territori fermi che non decollano.

Purtroppo è così. Voglio ricordare, però, che il Mezzogiorno, nel secondo dopoguerra, registrava un tasso di povertà e analfabetismo indegni di un paese civile. Ci vollero le intuizioni geniali di grandi statisti e banchieri, come De Gasperi, Einaudi, e Menichella a invertire la rotta e a far entrare il Sud nella modernità e nel consesso europeo. Le grandi opere pubbliche, le infrastrutture stradali, portuali e civili cambiarono il volto del Mezzogiorno. Lo dice la Storia prima ancora che le statistiche.

Cos’è che non va in questo ingranaggio economico che al Sud si inceppa mentre in altre regioni europee, come l’Irlanda o il Sud della Francia, sembra  aver funzionato con successo?

Gli strumenti da mettere in campo sono tanti e diversi tra loro. Prendiamo il credito. E  quindi il sostegno alle imprese, alle famiglie e ai giovani. E’ una delle tante leve che servono ad animare e a spingere l’economia. Però, non è l’unico strumento. La politica economica, la fiscalità e le politiche per il lavoro determinano il contesto entro cui opera la funzione del credito.  Faccio un esempio: un’azienda agricola, nella piana di Sibari, che voglia produrre primizie da esportare a Londra o a Mosca, non avrà mai successo se utilizza solo il finanziamento concesso dalle banche. Ha bisogno di strade di collegamento, della banda larga per accedere a Internet, di aeroporti vicini.

La globalizzazione. Forse ci ha più danneggiato che sostenuto. 

Ma la globalizzazione non ha investito solo noi. Ha coinvolto l’Europa, l’America, la Cina.  In tutto questo, poi, abbiamo scoperto che la recessione non interessa solo l’Italia. Nell’Eurozona, la crescita economica stenta a decollare anche in Francia, in Spagna e  ora anche in Germania. Ha difficoltà anche la più potente locomotiva d’Europa.

 Le maggiori critiche rivolte all’Europa puntano al Patto di stabilità, al Fiscal compact, ai freddi e implacabili parametri di Maastricht. Che risposta si può dare a Bruxelles?

Io direi che non abbiamo altra strada che realizzare le riforme, per ottenere, in cambio, la flessibilità. Puntare su pochi ma strategici obiettivi, quali l’ammodernamento della macchina dello Stato. Solo così possiamo ottenere una maggiore flessibilità sui parametri imposti dal Trattato di Maastricht. Noi italiani dovremmo sostenere, con grande forza, la battaglia che sta conducendo a Bruxelles Matteo Renzi. Ma c’è un altro protagonista italiano che dovremmo sostenere con eguale convincimento.

A chi si riferisce?

Al Presidente della Bce, Mario Draghi. E’ stato lui ad annunciare, per settembre, il piano della Banca centrale europea che prevede robusti finanziamenti alle Banche per la ripresa europea. Draghi, però, ha anche ammonito il nostro Paese dell’urgenza di realizzare le riforme  strutturali. Vanno attuate subito e senza tentennamenti. In buona sostanza, il Presidente Draghi dice le stesse cose che sostenevano Einaudi e Menichella, nel secondo dopoguerra: La politica monetaria non può prescindere da una concomitante ed efficace azione politica dei governi. Il testo, per quanto robusto possa essere, non può nulla senza un adeguato contesto.

A quali riforme  allude  Draghi?

Alle stesse che ha enunciato il Presidente Renzi. La riforma istituzionale, la revisione del Bicameralismo perfetto, la Riforma della Pubblica Amministrazione. E poi la riforma del mercato del lavoro, le nuove norme per gli appalti, il contrasto alla criminalità.

Renzi ha promesso anche un’accelerazione per le grandi opere pubbliche.

E vorrei far notare che, tra le quattro priorità che interesseranno il nostro paese, due di esse sono strategiche e vitali per il Mezzogiorno. E cioè il completamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e l’Alta Velocità Napoli-Bari. Con queste due grandi infrastrutture, il Sud avrebbe ben altre possibilità di entrare nel circuito dei mercati europei e internazionali. Per  il Sud, sarebbe come un altro Piano Marshall. Questa volta, però, non più promosso dagli americani, ma da noi in prima persona, per sentirci, a pieno titolo, costruttori e protagonisti del nostro futuro.  

 

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