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POTENZA – Di tutto il giro della decima commissione del Senato è saltata solo la tappa finale, quella della Fiat di Melfi, ma alla fine dell’estate forse ci sarà una visita esclusivamente per questo. Ma quantomeno la commissione industria guidata da Massimo Mucchetti del Pd qualcosa di questo territorio ha potuto osservarla. Con lui c’è il nuovo capogruppo del Movimento al Senato, Vito Petrocelli come membro dell’opposizione sia al governo che, ovviamente, in commissione. Due visioni diametralmente opposte sull’idea di sviluppo, basta pensare al fatto che Mucchetti è chiaramente a favore del raddoppio delle estrazioni, cosa che i 5 Stelle non accetterebbero mai. Eppure questa visita l’ha voluta proprio Petrocelli, ma sul ciclo del petrolio se ne parla “indirettamente” perché lo scopo, non era tanto mostrare pregi e difetti del ciclo del petrolio in Regione, ma prendere visione di quelle attività industriali energetiche presenti sul territorio.

È ovvio che in questa ottica la più grande fonte di energia lucana, l’oro nero, è al centro dell’attenzione fin dall’inizio. Ma è anche vero che a Viggiano e nell’area dell’indotto, non c’è soltanto chi lavora attorno al ciclo del petrolio, ma anche importanti case farmaceutiche. Industria, in fondo vuol dire anche questo. Certo, la visita al centro olio e di conseguenza all’unico pozzo di reiniezione, il Monte Alpi, ha scatenato il dibattito anche sulla rete. La prima accusatrice è Albina Colella, la prof che si schiera contro il senatore 5 Stelle, visto ormai come “colluso” alla questione petrolifera. La Colella si chiede che fine abbia fatto quel progetto di legge sul petrolio, Petrocelli svela che con il passaggio di Enzo Di Salvatore, uno dei consulenti pentastellati, con il passaggio alla lista Tsipras ha bloccato tutto, in pratica non è andato avanti. «Ma abbiamo ripreso a lavorarci» dice il senatore.

La questione sta tutta in quella centralità energetica che la Basilicata, tra Itrec, Valbasento e ciclo del petrolio ha per l’intero paese. Certo, poi si scopre che l’Eni spende «80 milioni di euro all’anno per trasportare i reflui della perforazione in 4 regioni diverse: Basilicata, Abruzzo, Calabria e Campania» mentre diventa sempre più chiara la questione legata a chi controlla Eni nella quantità di petrolio estratto: «tutta priorità dell’Unmig e quindi del Mise – insiste il senatore – che giornalmente si occupa di esaminare le cisterne di olio prima che questo venga mandato a Taranto». È chiaro quindi che si è trattato anche di una visita di chiarimento di alcuni aspetti che serviranno poi alla costruzione di una vera e propria relazione da consegnare al governo, relazione che nasce comunque dal dossier preparato dagli stessi osservatori 5 Stelle nelle aree in questione.

Da una parte il petrolio, dall’altra invece il centro Enea di Rotondella che sì, custodisce le famose barre di uranio-torio dell’Elk River, ma si occupa di chimica verde, solare termico, separazione delle terre rare dagli apparecchi elettronici ormai in disuso, quindi uno dei poli migliori per quanto riguarda la ricerca energetica alternativa non solo in Basilicata. Ultimo passaggio a Tecnoparco, la prima volta assoluta di una commissione in uno dei luoghi più criticati dell’intero ciclo del petrolio. E neanche Mucchetti è sembrato contento di quanto è stato visto da queste parti, tanto da proporre lo spostamento di un intero quartiere.

v.panettieri@luedi.it

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