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POTENZA – Quel «Salvato’» di cui parlavano non sarebbe stato Margiotta. Anche se in effetti Franco Ferrara si era confrontato con lei sulla questione dell’attribuzione dei punteggi per l’appalto Total.

E’ quanto ha dichiarato ieri mattina ai giudici della Corte d’appello di Potenza Elena Zippo nel processo “stralcio” a carico del senatore Pd accusato di corruzione per aver accettato da Ferrara la promessa di 200mila euro in cambio del suo intervento sui vertici della compagnia petrolifera francese per propiziare la gara.

La dottoressa Zippo, a lungo confidente dell’imprenditore di Policoro al centro dell’inchiesta su appalti e corruttele all’ombra delle trivelle, condotta dal pm Henry John Woodcock, ha spiegato che all’epoca dei fatti, tra il 2007 e il 2008, era in servizio come dirigente del comune di Scanzano Jonico.

Per questo, ovvero la sua esperienza in materia di procedure, Ferrara le avrebbe chiesto una specie di parere sull’assegnazione dei punteggi nella gara per la preparazione del sito dove sta sorgendo il nuovo centro oli di Corleto Perticara: un’infrastruttura fondamentale per il programma di estrazioni di petrolio e gas nella Valle del Sauro.

La Zippo ha ammesso che Ferrara le aveva parlato del suo interesse per quella commessa da 26 milioni di euro per una questione di «orgoglio» territoriale, perché non trovava giusto che a effettuare i lavori fossero delle ditte di fuori.

Di fatto l’imprenditore si sarebbe messo a capo di un’associazione temporanea di imprese tutte lucane. Ma la Zippo ha negato di aver mai saputo di sponsorizzazioni politiche, o canali diversi attivati per vincere la gara rispetto alle normali procedure.

A proposito del ruolo di Margiotta, e a quel «Salvato’» di cui parla Ferrara, nei nastri registrati dalle microspie piazzate a casa sua, Elena Zippo ha detto di non ricordare nemmeno se si trattava di una frase rivolta a lei, o se Ferrara era al telefono.

Poi ha aggiunto di aver chiesto “lumi” all’amico imprenditore, visto il clamore e gli articoli a riguardo usciti sui giornali, più o meno un anno dopo il suo arresto avvenuto a dicembre del 2008. Ma la risposta di Ferrara sarebbe stata che non si trattava del politico, bensì di un imprenditore con cui stava facendo dei lavori.

 D’altra parte, lei stessa non avrebbe mai conosciuto Margiotta di persona, se non per averlo visto in televisione a Porta a porta. Perciò le risulta “strano” che Ferrara potesse riferirsi a lui dicendo «Salvato’», in maniera confidenziale, se stava davvero parlando con lei.

A questo punto, ai giudici della Corte d’appello che avevano chiesto il suo interrogatorio non è rimasto che prendere atto delle sue dichiarazioni. Senza la possibilità di incalzarla più di tanto o di effettuare delle formali contestazioni.

Infatti in apertura d’udienza i difensori di Margiotta, Leonardo Pace e Nicola Buccico, avevano sostenuto l’inutilizzabilità delle registrazioni ambientali effettuate nell’abitazione della Zippo per un problema procedurale, e il presidente Vincenzo Autera si era riservato una decisione in proposito in un secondo momento. 

A fare emergere la questione, nel dibattimento che è in corso per gli stessi fatti davanti al Tribunale di Potenza, erano stati i legali di Total, dopo essersi accorti di un vizio insanabile nelle autorizzazioni.

In pratica a novembre del 2007 Woodcock avrebbe dimenticato di inserire le cimici piazzate nell’appartamento della donna nella richiesta di proroga delle intercettazioni in scadenza. Eppure i suoi investigatori hanno continuato ad ascoltare quello che captavano, inclusa la conversazione del 21 dicembre sui punteggi dell’appalto Total, sui 200mila euro per il lavoro a «Salvato’», e sul «presidente», che poi sarebbe stato l’ex governatore Vito De Filippo.

Quelle cimici “fortunate” sarebbero ricomparse, tra i vari numeri di telefono sotto controllo, soltanto in un decreto di proroga di gennaio del 2008. Ma secondo i difensori questo non basterebbe per rimediare al “pasticcio”, e le intercettazioni effettuate nel buco sarebbero “scoperte”, che significa abusive o giù di lì.

Per aggirare l’ostacolo e contestare di fatto il contenuto di quei nastri alla Zippo i giudici della Corte presieduta da Vincenzo Autera, relatore Pasquale Materi e consigliere Francesco Verdoliva, le hanno chiesto se ne  conoscesse comunque il contenuto per aver letto gli atti dell’inchiesta. Ma la sua risposta è stata di essersi del tutto disinteressata alla vicenda, per cui è stata a sua volta indagata e poi archiviata, a parte la lettura di alcuni articoli di stampa. Così si sono dovuti fermare.

Elena Zippo era l’ultimo dei testimoni convocati dalla Corte dopo aver disposto l’ascolto e una nuova trascrizione delle intercettazioni considerate d’interesse investigativo. In particolare quella a casa sua e quella nell’auto di Ferrara di 5 giorni prima quando l’imprenditore ha incontrato Margiotta a Potenza.

Dopo il suo interrogatorio la Corte ha ripreso la parola il vice procuratore generale Renato Liguori che ha ribadito la richiesta di condanna al minimo della pena per Margiotta, già assolto in primo grado davanti al gup.

Poi è stato il turno dell’avvocato Leonardo Pace che ha evidenziato l’assenza dell’accordo tra Ferrara e Margiotta che è alla base dell’accusa di corruzione, e comunque la mancanza assoluta di prova «in ordine alla circostanza che il politico avesse mai accettato l’offerta corruttiva che per ipotesi l’imprenditore gli avrebbe formulato».

Il processo è stato rinviato al 10 luglio per la discussione dell’avvocato Buccico, poi la parola passerà ai giudici per la decisione.   

l.amato@luedi.it

 

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