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HANNO trovato il portoncino di metallo e vetro chiuso dall’interno. L’evidente foro su una delle due ante non lasciava presagire nulla di buono. La chiazza di sangue per terra che fuoriusciva dalla porta d’entrata – di colore verde – era il segno che in quella casa di contrada Difesa era successo qualcosa di molto grave. 

Del resto la telefonata arrivata alla stazione dei carabinieri di San Fele dai colleghi di Lastra a Signa una decina di minuti prima, era chiara. Così i militari dell’Arma di stanza nel piccolo centro lucano, intorno alle 7 di ieri mattina, hanno forzato quella porta e sono entrati. Davanti ai loro occhi si sono trovati l’impensabile. Prima il corpo di una donna. A poca distanza quello di un uomo. Fatti pochi passi nella camera da letto il corpo senza vita di una ragazza e nel bagno quello di un ragazzo. Una strage pensata e attuata da Vito Tronnolone, sessantacinquenne carrozziere in pensione, che prima avrebbe ucciso il figlio Luca, poi la figlia Chiara – i carabinieri a tal proposito stanno cercando di ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto – e poi avrebbe freddato la moglie Maria Stella Puntillo. 

La donna, da quanto si è appreso, sarebbe stata uccisa per ultima dopo aver tentato di scappare. Il colpo fuoriusciuto dal portoncino di metallo è l’unico che è andato a vuoto e pare fosse diretto proprio verso la moglie. Purtroppo Maria Stella non ce l’ha fatta ad aprire quella porta e a scappare. La furia inspiegabile del marito l’ha raggiunta poco dopo. Vito Tronnolone, una volta compiuta la strage, avrebbe avuto la lucidità di chiamare una delle sorelle residenti, come la sua famiglia, a Lastra a Signa in provincia di Firenze. Poche parole. Probabilmente ha confessato di aver ucciso i figli e la moglie e che poi l’avrebbe fatta finita. La sorella non ha avuto il tempo per farlo desistere da quel gesto. 

L’uomo dopo qualche minuto ha puntato su di sé la sua pistola – una revolver speciale 38 – regolarmente detenuta, e ha fatto fuoco per la quinta volta mettendo fine anche alla sua vita. Sul posto insieme ai carabinieri del Nucleo operativo della compagnia di Melfi e del Comando provinciale, erano presenti i sanitari del 118 che non hanno potuto far altro che attestare il decesso delle quattro persone. Sul movente si sta indagando. Esclusa dagli inquirenti – da quanto hanno potuto appurare sul posto – la pista che porta ai problemi di disabilità del figlio. Un ragazzo, da quanto sostenuto dai familiari della moglie di Tronnolone, autonomo e ben voluto dallo stesso padre. Di certo l’uomo nella serata di venerdì ha avvertito qualche problema di pressione. Per questo è stato accompagnato dalla figlia nell’ospedale di Melfi per un controllo. Pare – anche se gli investigatori stanno indagando e non è escluso che il medico che ha visitato Tronnolone sia stato sentito – che l’uomo avrebbe firmato le sue dimissioni, nonostante il consiglio da parte dei sanitari di restare sotto osservazione. Stava comunque bene. Questa circostanza è confermata da uno dei fratelli di Maria Stella Puntillo.
 
L’uomo nella serata di venerdì è andato a trovare la famiglia nella casa di contrada Difesa e pare sia stato con loro fino intorno all’una di notte. Ne ha parlato con gli investigatori e con il sostituto procuratore di turno Anna Gloria Piccininni che sta coordinando le indagini. Forse, ma è solo una ipotesi che al momento non trova conferma, Vito Tronnolone avrebbe agito perchè temendo per la propria salute, non avrebbe potuto più occuparsi della moglie e di quel figlio molto amato. I corpi senza vita della famiglia Tronnolone nel primo pomeriggio di ieri sono stati trasportati nell’ospedale San Carlo. Nel nosocomio le salme saranno sottoposte all’esame autoptico. Forse già domani i corpi verranno riconsegnati alle proprie famiglie per le esequie che si pensa, possano essere celebrate a San Fele.
g.rosa@luedi.it

 

 

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