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POTENZA – Sono di nuovo in libertà il 45enne Rocco Lapelosa, la moglie 34enne Rosy Abiusi, e l’ex dipendente Nicusor Alin Almajeanu, 30enne di origini romene.

Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Potenza annullando gli arresti domiciliari disposti lo scorso 22 luglio dal gip Tiziana Petrocelli con l’accusa di «trasferimento fittizio di valori».

Il collegio presieduto da Aldo Gubitosi (giudici a latere Gerardina Romaniello e Giuseppe Losardo) ha accolto il ricorso presentato dai legali dei tre indagati: gli avvocati Gaetano Basile e Domenico Biscione.

Alla base della decisione ci sarebbe una diversa valutazione degli indizi raccolti dagli investigatori sulla reale volontà di «eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniali», trasferendo le quote della società di Lapelosa, imputato per associazione mafiosa nell’inchiesta Iena2 sulle infiltrazioni del clan Martorano negli appalti della Regione, prima alla moglie e poi all’ex dipendente Almajeanu.

«Abbiamo dimostrato che quelle operazioni hanno avuto altre motivazioni». Ha spiegato al telefono col Quotidiano l’avvocato Gaetano Basile, che di fronte ai magistrati aveva evidenziato come i sequestri effettuati sui beni di altri due imputati del processo Iena2 siano stati troppo distanti nel tempo perché siano stati davvero alla base della scelta di cedere quelle quote.

«In un caso i sigilli erano scattati sei mesi prima e nell’altro un mese dopo, quindi il mio assistito sarebbe stato motivato da un fatto che non è ancora avvenuto: un assurdo». Ha chiosato il legale.

Il Riesame ha accolto anche un’altra eccezione sulla effettiva idoneità delle operazioni effettuate a eludere le normative in materia di «prevenzione patrimoniale», per cui tutti i passaggi di proprietà entro un certo grado di parentela vengono considerati fittizi in maniera del tutto automatica.

«Da ottobre del 2013 – ha aggiunto l’avvocato Basile – le quote sono tornate da Almajeanu alla signora Abiusi che era rimasta comunque procuratrice legale dell’impresa».  

Resteranno ancora sotto sequestro almeno fino a settembre, invece, i beni (circa un centinaio di mezzi) di proprietà della ditta che gestisce numerosi appalti Anas per la manutenzione di strade più o meno grandi, incluso un tratto importante del raccordo autostradale Basentana,  e può contare una ventina di dipendenti.

L’udienza per chiedere la loro restituzione deve essere ancora fissata a causa della sospensione estiva delle attività del Tribunale, per quanto il suo esito possa sembrare scontato una volta annullati gli arresti per mancanza dei gravi indizi. 

L’indagine per «trasferimento fittizio di valori» a carico di Lapelosa era partita a febbraio dell’anno scorso dalla segnalazione dei 2 agenti della polizia stradale di Moliterno “redarguiti” dall’imprenditore per aver «osato» contestare l’assicurazione scaduta di uno dei mezzi della «sua» ditta, che «formalmente» risultava intestata a un ex dipendente, fino alla minaccia di una denuncia per «interruzione di pubblico servizio».

L’imprenditore infatti, in quella circostanza si sarebbe qualificato come il titolare della “Lavori e Servizi srl” che gestiva il servizio di spazzaneve e spargimento sale. Ma da una rapida verifica è emerso che da oltre un mese la società risultava di proprietà di Almajeanu.

l.amato@luedi.it

 

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