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Sono passati circa dieci anni da quel 5 agosto 2004, erano da poco scoccate le undici, quando, nel rione Valleverde,  si ebbe il crollo parziale del tetto di una delle palazzine costruite sul finire degli anni ‘70 dall’azienda oggi nota come Ater. Si chiude in questi giorni definitivamente un capitolo, quello dei 123 alloggi, vicenda che in questi anni ha tenuto banco nella città federiciana.

«Ricordo benissimo – dice Ernesto Navazio sindaco di Melfi, all’epoca del crollo – tutta la vicenda, la cosa più drammatica è stata la firma per lo sgombero per tutte e 123 le famiglie, li ci sono state diverse ordinanze, la prima dove c’è stato il crollo, poi diverse perizie incaricate dal Tribunale, ricordo la collaborazione assidua con il “Comitato 123 alloggi” che si era creato nel frattempo, alla fine decisi di fare quest’ordinanza e poi c’è stata la fase dell’indennizzo e l’Ater ha riacquistato quelle abitazioni, grossomodo circa 90.000 euro più una serie di pagamenti dovuti alle migliorie apportate agli alloggi. C’è stata una fase di analisi per capire e appurare la reale situazione e poi c’è stata la fase di sgombero di 123 famiglie, perchè non stato facile. La vicenda, come si può immaginare, ha coinvolto molte persone, molti drammi, tante storie, tante riunioni nella sala della Pro Loco: un aneddoto, una delle prime riunioni, riunione in cui si doveva decidere il futuro delle famiglie, si tenne nella casetta di legno al Sacro cuore, proprio quando un nostro concittadino Franco Pastore, giocava da Bonolis “ai pacchi”. Ci furono tanti incontri con il comitato, i cittadini, tanti momenti di confronto, poi in Consiglio regionale e tutti i vari passaggi. Momenti intensi in cui la comunità melfitana ha fatto sentire la sua voce».

Con Vita, allora amministratore dell’Ater, «avevo raggiunto un intesa. Anziché ricostruire, come faranno adesso, avevo proposto, e lui aveva accettato, che li non si ricostruissero più gli alloggi, se ne costruivano due o tre di altezza più bassa, quella sarebbe diventava una zona parco e una metà, circa sessanta alloggi, andavano ricostruiti nella zona 167, perché bisognava chiudere il cerchio e lì. L’Ater s’impegnava a realizzare un progetto sociale, e delle aree verdi all’interno dell’area dei 123 alloggi. Oggi, invece, verranno ricostruiti nello stesso sito dove erano le abitazioni vecchie. Quattordici palazzine nello stesso posto dove ci sono adesso quelle che stanno provvedendo ad abbattere in questi giorni. Quella zona si poteva in qualche modo riqualificare». C’era un protocollo d’intesa, dovevamo solo formalizzarlo.

Di segno totalmente opposto Valvano sindaco di Melfi: «È iniziato il piano di demolizione, la ditta incaricata ha preso possesso del cantiere ed ha iniziato le attività di demolizione, in questi giorni, dovrebbe terminare contrattualmente entro un anno. Quest’ultima, sostiene di potercela fare entro sei mesi, quindi di qui a novembre – dicembre dovremmo avere l’area finalmente libera. Per quanto riguarda la ricostruzione, invece, l’attuale dotazione finanziaria, su cui la Regione Basilicata ha delegato, lo scorso anno, a seguito di una serie d’incontri, con la Regione e Ater, consente la ricostruzione dei primi dodici alloggi, entro fine agosto, inizio settembre».

«Dovremmo, poi – ha aggiunto Valvano – definire insieme ad Ater è dare il nostro nulla osta, predisponendo un programma di ricostruzione, almeno dei primi dodici alloggi. Questa è l’attuale programmazione, cioè demolizione dei quattordici fabbricati e ricostruzione dei primi dodici alloggi, sulla base delle risorse finanziarie che siamo riusciti con la Regione Basilicata a destinare a Melfi. Scenari diversi da questi, sono parole al vento, l’ipotesi di due diverse ubicazioni, non è plausibile, non ci sono atti ne delibere, di qualunque genere, che lascino intravvedere questo tipo di cose. L’Ater su quelle aree, in linea di massima, deve ricostruire. Noi stiamo provando a ragionare, per far ridurre le volumetrie, in modo che l’impatto delle medesime risulti inferiore. Questo è il risultato che in questo momento possiamo perseguire, non siamo favorevoli ad utilizzare un altro sistema per allungare la città nelle aree agricole della Bicocca».

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