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FATE attenzione ai recenti provvedimenti del Tribunale di Potenza. Il primo riguarda la vicenda Sider. Il secondo la storia del maxisequestro Ronda. Nel primo caso un pm è riuscito a fare con autorità e in breve tempo quello che è sfuggito alla politica.

La decisione sulla consulenza che ha accertato il superamento dei limiti delle emissioni è stata presa nel giro di un mese. Il sequestro dello stabilimento, per quanto potesse apparire plateale, ha consentito di impegnare subito l’azienda ad effettuare lavori che non erano stati fatti. Il dissequestro parziale di ieri consente di proseguire l’attività commerciale. Dal provvedimento cautelare è passata meno di una settimana. Cosa possiamo dire al procuratore Gay e al suo sostituto Basentini? Solo grazie. E dire che la notizia di reato era stata la stessa Arpab a fornirla con l’accertamento del superamento dei limiti nel 2012. Tutto quello che c’è in mezzo è una consumata storia di bizze tra uffici.

Nel secondo caso il Tribunale del riesame ha annullato un sequestro per evasione fiscale e ha restitutito l’agibilità dei conti correnti a un imprenditore che dà lavoro a oltre 300 persone, ciò motivando con la mancanza di liquidità nella quale era venuto a trovarsi – l’imprenditore – per il mancato pagamento dei fornitori, in prevalenza istituzionali. In pratica siamo davanti al classico effetto del patto di stabilità. Gli enti non riescono a pagare, i ritardi dei pagamenti generano effetti a catena, anche reati fiscali. I giudici del Riesame, con questo provvedimento, stabiliscono un precedente di non poco conto. Ma, soprattutto, dimostrano di inserirsi a tutti gli effetti nel contesto politico-sociale della Regione. Il che, dal punto di vista di una cultura giuridica non formale, è decisamente un bene. Anzi, dovrebbe essere un esempio di discussione per quanti (da questo punto di vista la Basilicata è terra rigida) invocano spesso “la legge” e “la regola” in astratto, senza la flessibilità del buon senso e del contesto. Ma c’è il risvolto della medaglia. Che sta tutto nel ruolo di supplenza della magistratura che emerge quando una società è in crisi. Qui non siamo nel campo di una responsabilità penale classica (la corruzione, le rapine, gli omicidi). Siamo davanti alla patologia di diritti diffusi (l’ambiente, l’esercizio d’impresa) compromessi dalla latitanza e dalla mancanza di visione della politica. E in questo c’è da stare poco sereni. Se la mancanza di visione la perde la politica e la delega alla magistratura, il passo successivo è che dalla magistratura si passa alla polizia, dalle grandi alle piccole cose (che cosa brutta, ad esempio, negli ultimi due anni, quei caschi di polizia attorno alla festa della Bruna. E ieri al Senato qui pro quo su Grasso che voleva chiamare la polizia, notizia poi smentita). Rischiamo cioè di militarizzare tutto, come per lungo tempo di è ospedalizzato tutto.

C’è una terza notizia che chiude il ragionamento. Riguarda il Centro oli di Viggiano. L’ha pubblicata la Gazzetta un paio di giorni fa con molta evidenza: ritirata la diffida della Regione. All’Eni. Ricorderete la diffida fatta in occasione dell’ultima fiammata. Era stato Berlinguer, quale assessore all’ambiente, a proporla. Premetto con trasparenza che apprezzo lo sforzo di lavoro che sta facendo Berlinguer. La revoca della diffida, proprio su un piano giuridico, però, lascia qualche perplessità. In relazione al fatto che lo stesso pm della Sider, con gli stessi consulenti, sta completando le indagini sul Centro oli. Se la Regione ha ritenuto che l’attività dell’Eni sia tale da determinare la revoca di una diffida (che è un altolà di sentinella, un modo per dire: attenzione) non possiamo che esserne tutti contenti. Ma se tra qualche mese ci troveremo di fronte a una consulenza del pm simile a quella della Sider e a provvedimenti conseguenti? Tutta questa fretta forse si poteva evitare.

l.serino@luedi.it

 

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