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POTENZA – Sotto il sole di luglio davanti ai cancelli della Sider ci sono quasi tutti. Non sono proprio i circa 300 in totale che si muovono all’interno della ferriera ma una parte consistente. Sono passate da poco le due del pomeriggio e il forno ad arco, «e non gli altoforni, perché qui non ne abbiamo, non abbiamo neanche una cokeria», è stato già spento. Fosse stato veramente un altoforno ci sarebbero volute settimane prima di poterlo spegnere definitivamente.

La produzione è ferma, i sindacati fanno capannello davanti i cancelli e gli operai restano ad ascoltare. Ancora non sanno che da lì a poco sarebbe arrivata la decisione dell’azienda di mettere in libertà tutti gli operai, «non quelli dell’indotto però – ci raccontano – loro invece dovranno subire tutto questo brusco stop». Con l’indotto la Sider supera i 1000 lavoratori e sono tutti consapevoli del fatto che questo è l’ultimo pezzo produttivo della città di Potenza, dopo di questo è caduta libera, non resta più niente. Quando si parla di indotto bisogna tenere presente, per esempio, le centinaia di camion che ogni giorno vengono a prendersi i tondini prodotti nella Sider. Arrivano dalle Marche, Lazio, Sicilia, Calabria e oltre. «La maggior parte della produzione però – ci racconta un addetto – è per l’estero: Grecia, Nord Africa. Il nostro acciaio è arrivato fino a Dubai» e si produce qui, a Potenza, nello stabilimento della Pittini.

C’è una certa fiducia, non solo sulla risoluzione della vicenda, ma in generale proprio nell’amministrazione aziendale. Nessuno di loro in tutta la giornata ha detto qualcosa contro Pittini o chi per lui.

«Non non siamo l’Ilva, la nostra è una situazione totalmente diversa – dicono – non possiamo essere paragonati all’acciaieria di Taranto. Il documento della Procura parla di “emissioni diffuse” non dei fumi in arrivo dai camini. Diossina? Qui chiunque ha un camino in casa produce diossina». Le emissioni contestate, infatti, arrivano dal sottotetto, dalle feritoie, ed è per questo che la Procura stessa ha valutato già una possibile soluzione che in fondo dà un po’ di fiducia in più agli operai. «C’è stato un investimento di 16 milioni di euro in otto anni per l’adeguamento della struttura – raccontano ancora – da quando è arrivato Pittini le cose sono cambiate moltissimo. Vent’anni fa camminavamo con la polvere alle caviglie, oggi quella polvere non c’è più e non ci muoviamo su passerelle sopraelevate e questo è solo un esempio».

Il momento non è bello, ma non da oggi, per mesi gli operai hanno lavorato fianco a fianco con i militari del Noe che hanno effettuato i controlli: «non ci saremmo mai aspettati un epilogo del genere». Da tre anni infatti gli operai lavorano ad orario ridotto e sotto contratto di solidarietà. Le commesse sono andate calando e anche lo scalo ferroviario, dopo l’incidente mortale del 20008, non è stato mai più rimesso in funzione.

Ma i lavoratori sono rimasti in paziente attesa per tutto il giorno, si sono mossi compatti nel primo pomeriggio verso piazza prefettura, in attesa che sindacati ed rsu potessero raccontare l’esito dell’incontro con il prefetto. Qui sono spuntati i megafoni, qualcuno urlava di «andare a guardare anche nell’area Cip Zoo, perché fino ad oggi in questa città si è detto che gli unici ad inquinare siamo noi».

E ci si comincia ad interrogare anche sulla grande assenza della politica, che ha preferito evitare completamente la presenza in piazza. Né sindaco, né consiglieri, né assessori si sono fatti vivi. In un primo momento la questione ha scatenato non poche contestazioni, ma la verità per gli operai è un’altra: «siamo stati abbandonati da una politica che non vuole prendersi le responsabilità su quanto accaduto». E mentre i lavoratori erano in prefettura, i militari hanno apposto i sigilli alla Sider.

v.panettieri@luedi.it

 

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