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Quel rigore lì non arrivi a tirarlo per caso. Vai sul dischetto perché ci sei sempre andato, perché la squadra ti legittima. Perché magari hai raggiunto la dimensione del leader. Un’investitura che non arriva solo dal talento. Serve metterlo al servizio degli altri, il talento. Serve sgrezzarlo quando è irregolare, discontinuo. Quel rigore lì lo tiri perché te lo sei guadagnato e non hai bisogno di strappare il pallone dalle mani di altri. Poi succede che lo sbagli e scoppi in lacrime.
Alza la testa, Alessio. Piangi pure, perché è giusto non tenersi dentro niente, ma alza la testa. Un rigore del genere lo sbagli solo se hai meritato di tirarlo. Quel rigore valeva così tanto perché tanti sono stati i tuoi meriti nel portare la squadra fin lì. Statisticamente ne sbaglierai uno ogni dieci. E sono tanti quelli più grandi di te, inciampati allo stesso modo.
Ho visto gli ultimi minuti di Fiorentina-Torino distrattamente, dopo un’ordinaria domenica di lavoro. Apro Facebook dal cellulare e leggo il post di Antonio, un bravissimo collega conosciuto girando l’Italia del calcio. Ha scritto così: “Tutti, almeno una volta nella vita, dovremmo essere come Cerci stasera. Con le stra-palle, prima che con le lacrime. Che poi tanto, prima o poi, diventano applausi“.
Twitter @pietroscogna
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