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Per approcciarsi a questo Napoli-Juventus serve un minimo di onestà intellettuale. E’ la partita tra due squadre che, nelle intenzioni, l’estate scorsa partivano in prima fila nella corsa allo scudetto. La Juventus in pole position, ma il Napoli solo pochi metri dopo. Certamente davanti alla Roma, almeno sulla carta.
Le modalità del mercato estivo (cessione plurimilionaria di Cavani, più acquisti di qualità) somigliavano tanto a quelle della Juventus edizione 2001, che risarcì Lippi della partenza di Zidane affidandogli Buffon, Nedved e Thuram. Con le dovute proporzioni sulla cifra tecnica dei protagonisti.
Nelle dichiarazioni del presidente De Laurentiis e di Rafa Benitez non mancavano gli accenni a quello doveva necessariamente essere il nuovo obiettivo, dopo aver spremuto il massimo dal ciclo Mazzarri. Il Napoli voleva lo scudetto. Doveva essere l’alternativa allo strapotere bianconero.
Il 30 marzo 2014 Napoli-Juventus è però la partita che mette di fronte due squadre distanti venti punti. Gli stessi che separano l’Atalanta dal Bologna o anche la Sampdoria dal Catania, praticamente con un piede in B. Venti punti sono 5 in più di quelli che in Inghilterra dividono il deludentissimo Manchester United (tutti a dargli in testa) dalla vetta della Premier League. Gli stessi che in Spagna dividono il cammino dell’orgoglioso (ma niente di più) Athletic Bilbao da quello del trio che si sta giocando la Liga.
Venti punti di distacco sono un’enormità. Sarebbe opportuno evidenziarlo, prima di rimanere abbagliati dalla notte del San Paolo e dalle sue suggestioni. Comunque vada a finire.
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