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Qualche giorno fa ponevo un problema, a mio avviso il problema per eccellenza: e cioè la sostenibilità economica del buongiornalismo (soprattutto quello investigativo) che di solito fuoriesce dal circuito del rumore di sottofondo e che dovrebbe comportare una seria discussione sulla responsabilità giuridica di chi scrive. 

 

Stamattina leggo Federico Guerrini. Ha linkato questo post

Ci siamo, in pratica.E’ la risposta alla domanda che ponevo

Mi chiedo allora il senso delle resistenze, forti, che ancora esistono in Italia (e in alcune regioni, soprattutto, penso alla Basilicata, alla Calabria) da parte degli ordini dei giornalisti a smettere il ruolo di monopolio ormai fuori dalla storia. La dichiarazione di un direttore o un contratto di un’azienda non servono più. Essere una volta tanto anticipatori formali di una prassi che coincide con la realtà, no? 

C’è poi la discussione conseguenziale: come dare valore al nostro lavoro? Come riformare il sistema industriale della produzione dell’informazione? Gli editori del nostro paese sono pronti? E il Paese, a parte le buone dichiarazioni del sottosegretario Legnini, è pronto ad affrontare una seria discussione su un settore strategico fermo a una legge del secolo scorso? Penso, solo per rimanere a minimalia giuridiche, alla norma sul foro competente per le diffamazioni. Alla necessità di essere iscritti all’ordine per aprire una testata d’informazione. Insomma siamo in un oceano aggrappati a un canotto

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