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Sarà l’utopia e non un ipad a salvarci. Lo scriveva meravigliosamente ieri Francesco Cormino sul Corriere del Mezzogiorno a proposito della scuola.
Pensiamo veramente che l’uso di un kindle sanerà il recupero delle buone letture? Pensiamo che comunicare la politica sia fare una buona politica? L’utopia è uno scatto di cuore che ci consente di camminare e non fermarci.
La inseguiamo ed essa si allontana, come l’orizzonte. Eppure solo inseguendola riusciamo ad andare avanti.
E’ il motivo per cui ho amaramente riflettuto sui risultati del nostro minisondaggio on line sui desideri dei lucani, sulle priorità da chiedere al futuro presidente della regione. Reddito minimo, chiedono. Soldi per vivere. L’istruzione dei figli? Viene dopo.
Anzi sono talmente pochi ad aver scelto questa opzione che neppure compaiono nella percentuale sopra lo zero. Il danno vero che abbiamo subito in questi anni è stata la disillusione, la percezione che nulla potrà cambiare. La colpa? Ci dicono che è di chi non innova, di chi non riesce a trasformarsi in piccoli Einstein. Ci avviamo a una società di ignoranti istruiti, incapaci di leggere oltre il recinto delle specializzazioni. Fossi io un candidato Pd alle prossime primarie, avrei messo tra i primi obiettivi un reddito minimo sì, ma per mandare via i giovani, di corsa, a studiare lontano dalla Basilicata. Un patto con l’Università lucana per scambiare flussi, intersecare esperienze, far fluire rapporti. Attraversare il mondo in fondo è un’abitudine medievale.
La Basilicata soffre di troppe chiusure e dimentica di avere nella sua storia i piccoli arpisti di Viggiano, come mi ricordava l’altra sera Vittorio Cappelli parlando dell’emigrazione lucana. Ma la storia è un mistero buffo. Da Viggiano partivano e non sapevano di avere l’oro sotto i loro piedi. E ora che abbiamo le pepite ci accorgiamo che non siano diventati ricchi. Questa storia tutta lucana merita di essere raccontata, perchè essa spiega quanto sia difficile direzionare le risorse, avere buone idee con le quali spiegare a quei giovani di Tramutola e a tutti i loro coetanei che il petrolio non è una rendita parassitaria ma che chi aveva l’obbligo di trasformarlo in occasione l’ha concepito spesso come welfare di supplenza. Quale merito c’è ad avere qualche conto più in ordine se ci arriva un’eredità che ci mette a posto con le banche?
Insomma cosa ce ne facciamo delle pepite se tutto attorno è melma di speranza? Per mia necessità mentale sono una che resetta continuamente, faccio pulizia cerebrale, ricomincio daccapo, ogni giorno. Credo sia il modo migliore per liberarsi dalle angosce e guardare avanti. Questa è la mia personale utopia. Anche pratica, se volete, perchè si evitano processi che spesso hanno il sapore della vendetta. Liberiamoci dai dottor Sottutto, come scrive Cormino. L’apice della parola futuro non può fermasi all’esito della disfida di Barletta, tra Lacorazza e Pittella. Eppure questa disfida oggi si nutre di veleni che sono il frutto della malapolitica di questi anni. Ieri Poynter..org, la rivista ufficiale dell’istituto di giornalismo della Florida, ha pubblicato un pezzo dal titolo significativo: è eticamente più importante essere trasparenti piuttosto che indipendenti.
Si riferiva all’informazione ma lo stesso principio è applicabile anche alla politica. Questi ultimi giorni di campagna elettorale ci stanno facendo respirare l’aria dei sospetti e dei trasversalismi di sempre. Era abbastanza prevedibile per come siamo arrivati a queste primarie. Certo fa specie che debba essere un sindaco che col Pd non ha nulla a che vedere, D’Amelio da Ferrandina, a fare l’endorsement per uno dei due candidati (Pittella). Anche perchè il regolamento delle primarie prevede che chi va a votare debba sottoscrivere di votare centrosinistra.
Eppure tutta la storia politica lucana è un lungo percorso di consociativismo di potere. E i pitteliani avrebbero facile gioco a rispondere che fu così anche per le primarie che vinse Speranza nel 2009. Conserviamo ancora la foto di Alessandro Galella (oggi Fratelli d’Italia) in fila al seggio.
Il vero problema del Pd, in questi anni, è stato quello di non avere un’opposizione all’altezza di questo nome. Viceconte avrebbe potuto facilmente approfittare delle crepe di un partito diviso, ma non lo ha fatto mai e non lo fa. E sembra che tutti attendano di sapere come andrà a finire tra gli sfidanti democratici per fare i propri passi. Magari tramando di nascosto. Questo è l’aspetto eticamente più inquietante.
Essere trasparenti, prima ancora che indipendenti. Se ancora ricordo che il Quotidiano ha dovuto ricorrere alla presidenza del Consiglio per accedere agli atti delle spese di rappresentanza dei consiglieri regionali, mi viene da pensare che chiedere trasparenza altro che utopia, è una chimera, nel senso mitologico, un mostro fatto di parti di più animali, quindi un’ idea senza fondamento, sogno vano, fantasticheria strana.
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