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«DI Emilio Colombo resterà l’onesta. E la lungimiranza. Quella capacità di guardare al futuro e alle nuove generazioni. Oggi in politica comanda l’immediatezza, si guarda alle prossime elezioni. Colombo no. Ed è da lui che la politica dovrebbe imparare per uscire da questa fase davvero poco positiva».
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Gianni Pittella è oggi vicepresidente del Parlamento europeo. Quando Emilio Colombo girava in lungo e in largo per la Basilicata, lui era un ragazzino. «E ricordo il fiume di persone quando faceva i suoi comizi a Lauria. Che erano veri e propri tour de force quelle campagne elettorali, con incontri che iniziavano alle 10 e finivano a mezzanotte. Ricordo l’attesa della popolazione. E del resto Emilio Colombo era un uomo di straordinaria gentilezza. Un sorriso sempre per tutti i suoi interlocutori, modi educati e grande stile. E si rapportava con tutti, dal contadino del Pollino ai grandi uomini del pianeta. Sempre con la stessa dolcezza e gentilezza».
E anche se all’epoca – «oramai sono passati tanti anni da allora» – Pittella e Colombo erano su due diverse “barricate”, «non è mai venuto meno il rispetto. Tra le tante caratteristiche di Colombo c’era anche questo straordinario rispetto anche dell’avversario. Che è una dote che dovremmo avere tutti del resto».
Per anni su fronti opposti, poi l’incontro in Europa. Colombo nel 1979 fu rieletto al Parlamento europeo con circa un milione di voti di preferenza. Nel 1977 divenne presidente dell’assemblea Ue e fu riconfermato nel 1979. Pittella, l’altro lucano a raggiungere i posti più alti del Parlamento europeo, inizia a frequentarlo assiduamente «a partire dal 2006. Ricordo una bellissima cena insieme Valdo Spini in cui lui ci raccontò in una serata tutta la storia repubblicana. Da quel momento in poi non ci siamo più persi di vista. Veniva a trovarmi a Bruxelles anche negli ultimi anni, nonostante il bastone era attivisimo. E lucido, straordinariamente lucido. E ho un ricordo bellissimo di lui al matrimonio di mia figlia. Inizialmente non voleva venire, non voleva stancarsi troppo. Poi però è venuto e ha intrattenuto la tavola intera con discussioni sul mondo, parlando dei rapporti con l’America, dell’Europa. Quelli seduti al tavolo con lui, anche molto giovani, erano estasiati dalla sua visione e da quella lucidità».
Lui, che la politica dei giorni nostri non la capiva più, «che parlava con tutti e prendeva migliaia di voti, non poteva accettare un sistema come quello di oggi con le liste bloccate. Un sistema in cui il merito non vale più nulla e non serve neppure più affaticarsi più di tanto. E bisognerebbe imparare da Colombo: dalla sua visione lunga, quella in cui un’unione politica dell’Europa era l’approdo fondamentale. Dalla sua idea di un Mezzogiorno protagonista».
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