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MATERA – Avrebbe dovuto essere a Matera il 25 aprile. Una felice coincidenza per la prima città italiana insorta contro l’occupazione nazista. Ma Francesco De Gregori, come le sue canzoni, è “patrimonio” degli italiani e alle celebrazioni del 70esimo anniversario della Liberazione in piazza del Quirinale proprio non poteva mancare. All’appuntamento con Matera, comunque il cantautore non ha voluto rinunciare. Francesco De Gregori sarà con una tappa del suo VivaVoce tour il prossimo 4 maggio (ore 21), al teatro Duni. E a Matera ci torna volentieri non certo solo perchè nel frattempo la città è stata promossa a Capitale europea della Cultura 2019. «E’ una città che amo da sempre – sottolinea, in una piacevole chiacchierata al telefono- Pensa che la prima volta ci sono stato che non avevo neanche 20 anni. Ero curioso di vedere i Sassi, all’epoca ancora associati all’idea di abbandono e degrado e, devo dire, che li ho subito amati».

Poi, però, per fortuna le cose per Matera sono cambiate…

«Devo dire di sì, l’ultima volta che ci sono stato, nel 2010, mi sono trovato di fronte un autentico gioiellino. Ancora conservo il ricordo della visita al Musma, all’Università e ovviamente ai Sassi».

In quell’occasione eri con un amico speciale: Lucio Dalla e il vostro concerto alla Cava del Sole è rimasto nella memoria della città…

«Confermo. Una serata indimenticabile. Neanche la pioggia del giorno prima è riuscita a fermarci. Poi suonare con Lucio era qualcosa di incredibile. Adesso che mi ci fai pensare, Lucio è una di quelle persone di cui, quanto più passa il tempo, più ti rendi conto di quanto sia cospicua la mancanza».

Dai ricordi al presente. Approfittando della sua sorprendente disponibilità (bastano due secondi di conversazione per passare dal lei al tu), con Francesco De Gregori si passa a parlare di “VivaVoce”, un disco che ripercorre 40 anni di vita in musica. Un viaggio personale e collettivo in 28 canzoni, raccolte in un doppio album che dà anche il nome al tour del cantautore nei palasport e nei teatri di tutta Italia. Per non sbagliare, seguo scrupolosamente le indicazioni del maestro: ascolto il disco come sottofondo mentre scrivo, durante una pausa al pc o al lavoro, in maniera disordinata. Solo qualche traccia, in base all’ispirazione del momento. E’ una folgorazione: l’ascolto “distratto” è la chiave per andare al cuore di “VivaVoce”. Saltellando da un brano all’altro la sensazione è che in questi 40 anni ad essere cambiato non è solo Francesco De Gregori ma anche chi la sua musica la ascolta. “La donna cannone” riletta da Nicola Piovani o “Alice” cantata insieme a Ligabue, ad esempio, non fanno rimpiangere affatto la versione “originale”, continuano ad emozionare in maniera diversa, nuova…

«In effetti – concorda il cantautore – questo disco lo dovevo a me. Ma anche al pubblico che ha il diritto, se vuole, di vedere da che parte sto andando. Ho passato una lunga parte della mia vita a veder cambiare queste canzoni sotto le mie mani e sotto quelle dei musicisti che mi accompagnavano. E questo cambiamento volevo testimoniarlo. Non nascondo – confessa- che quando ho cominciato a pensare ad un disco come VivaVoce mi sono chiesto come avrebbe potuto prenderla una parte del mio pubblico. So che in molti sono affezionati a quelle che chiamiamo le “versioni originali” delle canzoni che amiamo. Però ho anche pensato che questo nuovo disco non sottrae nulla al passato. VivaVoce è solo musica in più da condividere tutti insieme».

Il doppio disco platino all’album e il successo del “VivaVoce tour” sono la conferma che l’ “esperimento” è riuscito?

«Per un artista non c’è miglior riscontro del confronto diretto con il pubblico, i concerti sono sempre una sorta di prova del nove e devo dire che dopo aver visto sotto il palco gente di tutte le età cantare insieme a me, tutti i dubbi sono svaniti. Mi sono convinto che questo disco ho fatto proprio bene a farlo».

E il De Gregori burbero, un po’ solitario che fine ha fatto?

«Solitario non direi. Sono stato sempre aperto alle collaborazioni. Ho iniziato con Antonello Venditti e poi ci sono stati Fabrizio De Andrè, Ambrogio Sparagna, Lucio Dalla, Ivano Fossati e tanti altri. Mi ha sempre incuriosito il confronto e stimolato lavorare insieme ad artisti diversi da me e dal mio modo di sentire la musica. Burbero sì, lo sono stato fino a qualche tempo fa. Invecchiando mi sono scoperto più placido, più equilibrato e di conseguenza anche più disponibile verso gli altri».

Vuoi dire che in altri tempi questa chiacchierata non sarebbe stata possibile?

«Sono sincero, molto probabilmente mi sarei sottratto».

Un po’ come fino a poco tempo fa con i fotografi. Anche questo un “tabù” infranto, visto che addirittura hai “posato” per il volume, a cura di Silvia Viglietti e Alessandro Arianti, “Francesco De Gregori. Guarda che non sono io” (Edizioni SVPRESS), che racchiude, attraverso una selezione di immagini e parole, la tua storia musicale attraverso il racconto di viaggi, dischi, concerti, backstage, incontri …

«Dieci anni fa un libro di foto sicuramente non lo avrei amato e ancor meno avrei desiderato farlo. Adesso invece, pur non rinunciando a una certa autoironia, come si evince dal titolo, questo volume si colloca in un momento significativo della vita che è per me l’inizio della vecchiaia vera».

Vecchio, ad appena 64 anni?

«Beh sì, è giusto chiamare le cose con il loro nome. E’ una fase della vita che non mi fa paura».

“VivaVoce tour”, oltre quella di Matera, ha molte tappe al Sud, come mai?

«Perché del Sud si parla quasi sempre (ingiustamente) solo in termini di criminalità e già questo me lo fa amare. E poi è una miniera di piccoli centri, dove si arriva a fatica per strade tortuose e disastrate, ma dove puntualmente si trovano meraviglie. La Basilicata, la Calabria, la Puglia sono luoghi poetici per natura. C’è una forma di spiritualità persino nelle pietre».

Oltre al disco, è disponibile in tutte le librerie e nei book store digitali l’audiolibro “America” di Franz Kafka. Dopo “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, in questo nuovo progetto torni a regalare la tua voce a un romanzo, scegliendo un’opera di Kafka, non tra le più conosciute, che ha influenzato alcune delle tue canzoni più belle.

«America è un libro che mi è sempre piaciuto. A dispetto della fama di Kafka come autore cupo, difficile, “America” è un testo più risolto, solare, ingiustamente definito minore, e con questo audiolibro ho voluto rivendicarne l’importanza. E poi trovo l’audiolibro uno strumento straordinario che aiuta a godere del piacere della lettura chi ha difficoltà a farlo autonomamente o semplicemente non ne ha il tempo e allora, invece di un cd, in auto, ascolta un bel libro».

Quarant’anni fa usciva “Rimmel”, forse il tuo disco più amato. E’ un traguardo da festeggiare?

«Certo. Lo farò il 22 settembre all’Arena di Verona con un concerto-evento in cui ho deciso di suonare integralmente “Rimmel” insieme ad alcuni amici e colleghi. Sarà una festa, anche un po’ sgangherata, se vogliamo, in cui sono invitati non solo i parenti (cioè gli artisti più affini al mio mondo musicale), ma anche gli amici (musicisti diversi da me per stile ed età). Ci saranno con me Malika Ayane, Caparezza, Elisa, Fedez e Ambrogio Sparagna».

A Matera Francesco De Gregori sarà solo con la sua band, ma sarà festa ugualmente. Tanta musica ed emozioni da cantare insieme. Ovviamente, a “Vivavoce”.

m.agata@luedi.it

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