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FERRANDINA – Paolo Benvegnù con la band al completo sarà al circolo Arci Linea Gotica di Ferrandina il giorno della Liberazione, per la seconda edizione di “Sonorità resistente. Il cantautore milanese arriva a Ferrandina con il suo ultimo album che è una vera e propria perla; “Earth Hotel” è un disco da ascoltare con profondità, è come un trattato di un Freud ispirato e non misogino, scritto in versi da Charles Baudelaire con la penna rubata a Pablo Neruda. Paolo Benvegnù è un poeta della musica, ma la sua è anche una scrittura intelligente che intuisce, scava ed affascinata. Entriamo nel suo mondo per il tempo di un’intervista concessa a il Quotidiano del sud, in anteprima rispetto al concerto di Ferrandina, in programma domani alle 22.30.

Paolo, torni al Linea Gotica dove sei praticamente di casa. Cosa hai preparato per il live?

«L’idea del live è quella di fare una specie di lancio sul bene e il male. Iniziamo con il male ed andiamo verso il bene, questo il leitmotiv del concerto. Poi il bene sarà ancora più bene, perché come faccio sempre al Linea Gotica e solo lì, spillo birra fino a tarda notte. Mi piace sempre quando vengo lì, faccio la cosa che so fare meglio: spillare birra».

“Earth Hotel” è uscito a ottobre scorso. E’ un disco sull’amore, ma a tinte molto oscure. Come naviga Benvegnù nel mondo dell’amore?

«Navigo in una notte non stellata. Ci sono gli abissi e spero che l’alba arrivi presto. Poi nella realtà tutto è amore, già a pensare la parola “a-mors” (non morte). Sembra un cavolata ma in realtà tutto ciò che facciamo è un atto d’amore. Vivo questa vita con stupore e con il fiato corto da cardiopatico».

Se la vita è un hotel e quindi in qualche modo di passaggio, chi paga il conto e come?

«Si paga in termini di perdite. Un essere umano che ha senso prima o poi smette di aver paura di morire, quindi non è la morte il conto da pagare, sono le perdite di chi ti sta accanto. L’impossibilità di fantasia ma anche di prospettiva e di sentimento, l’incomprensione, sono conti da pagare. Ma vivere è un cosa talmente meravigliosa che i conti sono sempre in attivo per noi».

Volendo fare citazionismo freudiano, la poetica di questo disco si muove tra “eros e thanatos”, in particolare nel brano dedicato a Stefan Zweig. Quanto fa paura pensare che la mostruosità e il sublime si somiglino così’ tanto? 

«Ciò che mi spaventa di più è la mostruosità seriale che non è diversa dal misticismo, piena di disciplina e di tattica. Piena di progetti sul vuoto. Il mistico pensa al vuoto come ad una meta, il mostro seriale pensa all’annullamento come ad un traboccare di sé. Sono due cose molto simili. Diciamo che in questo Dio è parecchio assente».

Quasi alla fine di questa intervista possiamo dirlo: Paolo Benvegnù è un sentimentale?

«In realtà sono sentimentale ma in maniera molto antica. Ciò che trovo nell’uomo attuale è proprio un narcisismo che toglie questo aspetto del sentire verso l’altro. L’uomo moderno e post moderno sono piegati verso l’interno come in uno specchiarsi infinito».

Concludiamo. Cosa è per te la Bellezza?

«Oggi ero sul pullman e c’era una ragazzina che tornava da scuola e parlava con una sua amica, ovviamente non ho sentito il discorso, ma i gesti inconsci della mano destra era dei vettori tracciati nello spazio. Questa per me è la bellezza, un gesto inconscio che si impone verso le cose. La Bellezza è un movimento felice».

 

 

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