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 “Il Bell’Antonio” è la chicca extra lusso delle rassegne di Potenza e Matera, organizzata dal Consorzio Teatri Uniti di Basilicata. Ieri al Duni di Matera e questa sera, dalle 21,  al Don Bosco di Potenza arriva una pièce imperdibile, tratta del romanzo di Vitaliano Brancati, “Il Bell’Antonio”. A farne la riduzione teatrale due firme importanti: Antonia la figlia dell’autore del romanzo e Simona Celi. Alla regia arriva uno dei maestri contemporanei di teatro, un visionario, un innovatore, il grandissimo Giancarlo Sepe. Non da meno il cast di attori che vede il ritorno insieme a teatro, dopo tanti anni di Giancarlo Zanetti e Andrea Giordana. Proprio quest’ultimo prima delle due serate lucane si concede ad alcune domande per il Quotidiano del sud. 

Maestro, lei sarà in scena il padre del protagonista ma lo è anche nella vita visto che Antonio sarà interpretato da Luchino Giordana. Che padre però sarà sulle tavole del teatro?

 «E’ un padre che dà molto affetto al figlio ma i valori nei quali crede il mio personaggio che si chiama Alfio, sono legati alla virilità, all’idea di un uomo potente e poi si trova ad un certo punto della sua vita a costatare che suo figlio ha qualche problema: viene a conoscenza della sua impotenza ed arriva addirittura a rinnegarlo; va perfino a morire sotto i bombardamenti in un bordello per tenere alto il vessillo della famiglia. Brancati ci racconta la grande metafora tra questa micro tragedia familiare che avviene quando si viene a sapere dei problemi di Antonio e la macro tragedia del fascismo. Ecco perché noi abbiamo seguito il romanzo, a differenza del film che aveva decontestualizzato». 

Quanto questo padre risulta alla fine inadeguato nell’affrontare ed educare il figlio, al pari del fascismo impreparato a gestire e governare l’Italia e il suo popolo?

 «Sicuramente non è un padre adeguato. Questo padre mette il figlio come un diamante su un armadio, poi invece arriva la realtà e c’è direttamente il rifiuto. A differenza del mio personaggio, lo zio interpretato da Giancarlo Zanetti è invece proprio quello che dovrebbe essere un padre, accogliente, in grado di ascoltare, uno che si interroga sul senso della vita. Lui è in grado di ascoltare la confessione di Antonio. Ciò che avrebbe dovuto fare un padre saggio e giusto». 

Come è stato recitare insieme a suo figlio?

 «Il fatto di avere mio figlio è stata una delle condizioni per la quale ho accettato questa proposta. Sapevo che era un personaggio che avrebbe permesso a mio figlio di mostrare la maturità d’attore che ha raggiunto. E’ un ruolo molto difficile, di grande sensibilità. È un personaggio che esprime un mondo emotivo importante». 

Che tipo di concetto di famiglia c’è in questo spettacolo? 

«Certo Alfio è un uomo che va a donne, a puttane; ha fatto figli anche extra coniugali, ma sa cosa è una moglie e un figlio, ha comportamenti autoritari ma anche di tenerezza. Non è un uomo che aborra la famiglia, ma c’è una sorta di tacita accettazione che forse esiste anche oggi, con una moglie che può essere schiacciata da un marito maschilista. Allo stesso tempo nulla si è mai mosso però, in famiglia senza che la moglie decidesse insieme al marito. Tutto questo viene nello spettacolo evidenziato, ci si ride sopra perché è una lettura critica e satirica della situazione». 

Concludiamo. Cosa è per lei la Bellezza?

 «La Bellezza in senso extraletterale è qualcosa che ti fa staccare da terra, un’aspirazione, ciò che porta a superare le miserie umane, è un puntare più in alto». 

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