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POTENZA – La cosa strana è che da piccolo disegnava sotto-sopra. Mostri soprattutto, «sarà stata l’età». Oggi Giulio Giordano ci sorride e si prende un po’ in giro, ora che la passione per il disegno è diventata un mestiere, nella squadra di uno dei più importanti editori europei del fumetto.
Potentino, classe 1975, Giulio da qualche giorno è ufficialmente un disegnatore di Bonelli Editore e per un mese “I due re”, il suo primo lavoro con il gruppo, sarà in tutte le edicole, tra Italia, India, Turchia e Serbia. La crimestory d’esordio appartiene alla collana “Le Storie”, uno spazio dedicato ai giovani talenti della Bonelli, che misura la mano dei creativi sempre su generi e soggetti diversi. Filo conduttore della collana, il riferimento ad atmosfere storiche. Il numero in edicola firmato da Giordano, su sceneggiatura di Paola Barbato, ha per sfondo la Primavera di Praga.
Un po’ approdo, un po’ punto di partenza per questo talento potentino. Chiamato da professionisti non solo italiani, ormai firma collaborazioni prestigiose e lavori autoriali.
La strada, però, è cominciata in salita e «con parecchie porte in faccia». Cresciuto in una famiglia di disegnatori e artigiani – il fratello Silvio è un noto artista visivo – ha subito fatto del fumetto il suo orizzonte, anche lottando per imporre in casa la propria vocazione.
Per cinque anni si è presentato armato di cartellina colma di lavori ai Comics Festival di Lucca e Mantova. «Lì c’è un’area in cui i più importanti editori visionano i lavori degli aspiranti fumettisti. Stacchi il numeretto, ti metti in fila, e aspetti il verdetto».
L’anno successivo era quasi deciso a non imbattersi nell’ennesimo rifiuto. «Fortunatamente alla fine ho rischiato».
I «no» e il lavoro fatto per migliorare, ascoltando consigli e critiche, «mi aveva reso pronto, maturo professionalmente». Così è arrivato il sì di Bonelli.
Dopo “I due re”, Giordano realizzerà un albo speciale a colori.
La storia di Giordano è di quelle che spiegano come anche in una periferia fuori dal circuito di settore si possa emergere. Digitale e internet, poi, sono diventati strumenti e vie d’accesso importanti. «Certo, serve anche studiare, e molto». Lo faceva continuamente, guardando ai più grandi, viaggiando tra festival e rassegne.
«Ho anche avuto la fortuna di incrociare bravi maestri». Su tutti, Giuseppe Palumbo, disegnatore materano di Diabolik, che lo ha formato fino a chiederne la collaborazione. Insieme firmano un bel lavoro pubblicato dalla Lavieri, “I cruschi di Manzù”: la storia a fumetti di un portale bronzeo a San Pietro, che ha a che fare con don Giuseppe De Luca e papa Giovanni XXIII. Il lavoro sarà presentato all’Expo di Milano.
Anche la scuola di Napoli e le lezioni di Pako Massimo sono state fondamentali: «Mi ha fatto capire che non basta essere disegnatori, bisogna essere bravi narratori».
Servono inquadrature giuste, taglio fotografico adeguato, atmosfere reali.
Oggi questa consapevolezza fa parte di un bagaglio che piano piano trasferisce agli allievi della Red House Lab, la prima scuola di fumetto lucana, fondata con Gianfranco Giardina e Gianluca Lagrotta. Magari punto di partenza per talenti futuri.
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