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PER uscire dallo sconforto nel quale le ben note vicende degli ultimi tempi hanno fatto precipitare i potentini “veri”, quelli che hanno realmente a cuore le sorti della loro bistrattata città, si attendeva da tempo una chiara valida parola di incoraggiamento a non perdere del tutto la speranza nella possibilità di far uscire dall’ attuale situazione di crisi totale la più autentica città lucana.
A dare conforto a questa aspettativa sono giunti in questi giorni, uno dietro l’altro, i confortanti contributi morali alla causa del “Salva Potenza” di un uomo di cultura dello spessore di Andrea Di Consoli e di una affermata professionista dell’informazione quale Lucia Serino.
I titoli dei loro interventi su “il Quotidiano del Sud” (“Tutti sul carro di Matera, pensiamo a Potenza 2019” e “ Potenza merita rispetto”), con le argomentazioni che hanno validamente accompagnato i conseguenti successivi approfondimenti, hanno portato finalmente un po’ di acqua al mulino del capoluogo di regione da tempo colpevolmente abbandonato e che occorre ora al più presto rigenerare.
Quel che, a mio avviso, è dato cogliere nei due articoli di cui è utile riportare qui di seguito alcuni frammenti che riflettono in parte denunce e per altri versi offrono indicazioni per la indispensabile uscita dalla crisi, è in primo luogo il monito all’intera nostra comunità a non ignorare la più che fondata possibilità che la difficile contingenza potentina possa travolgere l’intero territorio lucano già sotto la Spada di Damocle di irreparabili smembramenti per la progettata creazione di macroregioni senza alcun criterio logico in grado di tener conto dell’ esigenza che lo stare insieme di popolazioni non si regge su logiche di mero riordino amministrativo, ma poggia sulla consolidata comunanza di peculiarità demografiche, di storia e di tradizioni.
Ed è qui che nasce l’invito ad assicurare alla causa di Potenza le responsabili attenzioni, finora volutamente ignorate nelle sedi che più contano; a far tesoro degli autentici valori che la città esprime con la sua grande storia civile che resta un forte baluardo contro il montare della pericolosa marea di altri dissesti dopo quelli che hanno già lasciato abbondantemente il segno.
Nel pensiero di Di Consoli e della Serino, non mancano poi (ed era giusto che così fosse) riferimenti precisi alla indifendibile incapacità di guida delle cosiddette “classi dirigenti” che negli ultimi decenni si sono succedute al vertice dei governi municipali fino a portarci ai giorni bui dell’ oggi.
Lo scrittore e giornalista di Rotonda, in particolare, esprimendo questa volta giudizi sempre fermi ma non estremamente severi come quelli usati talvolta in passato in ordine alla realtà potentina, nella sua recente analisi del malessere gravante sul capoluogo e nei suggerimenti che esplicitamente o indirettamente dà perché se ne possano allontanare i già disastrosi effetti, pone giustamente l’accento sulla necessità che la regione nella sua interezza e nel suo stesso interesse, sostenga una incisiva azione di rilancio del ruolo-guida che compete al “centro politico, burocratico e identitario della Basilicata, nel quale i lucani si riconoscono molto di più di quello che si pensi per la sua operosità non levantina”.
E quindi, per dirla sempre come Di Consoli e concordando con lui, senza remora alcuna o lasciandosi andare a inutili farisaiche condiscendenze di facciata, occorre “impegnarsi fino in fondo per Potenza 2019 affinchè il capoluogo di regione possa diventare centro propulsore di buona economia e di buona politica e non il cascame fallimentare del vecchio clientelismo partitico”. Quel clientelismo – mi permetto di aggiungere – ch è la causa prima dell’ inevitabile dissesto che ha colpito la finanza comunale e, con essa, l’intera macchina dell’ente locale e la città in tutte le sue espressioni, a cominciare dalla compagine dei votanti alle ultime elezioni amministrative alla quale, per altro, si deve addossare la responsabilità dello sciagurato esito della consultazione e della “vittoria di Pirro” ottenuta da un sindaco volenteroso e perbene finchè si vuole, ma non in grado di operare, con la sua formazione politico-amministrativa da “anatra zoppa”, priva del necessario sostegno di una qualsivoglia maggioranza consiliare che oggi è espressa dalla parte avversa del Partito Democratico.
E a questo punto, allora, il discorso si sposta sulla assenza, per tanti aspetti voluta, delle condizioni per la nascita di un governo municipale di salute pubblica, unico rimedio per salvare il salvabile all’ insegna di quelle assunzioni di responsabilità invocate da una città che non può essere cinicamente abbandonata a se stessa.
Su questa convinzione, poggia anche l’articolato ragionare di Lucia Serino che, nel condurre un’ analisi spiccatamente critica della situazione, con riferimenti anche ai tanti deteriorati rapporti sociali e alla assoluta carenza della macchina amministrativa cittadina, condanna l’inconcludente atteggiamento dei “ciarlatani della politica” e invoca per Potenza il rispetto che merita, senza che continui ad essere tenuta indietro nella considerazione di quegli ambienti di Destra che appoggiano il sindaco De Luca e che per tutti, gli ostacoli frapposti, da loro come dalla sinistra alla indispensabile nascita delle condizioni minime di emergenza, atte a evitare l’ anticipato ricorso alle urne, “oggi gridano allo scandalo”.
Quello scandalo – puntualizza la Serino – “che c’è e consiste nella triste altalena di questi giorni, in attesa che qualcosa cambi”.
Ma, perché si concretizzi questa prospettiva, siamo ancora ai verbi difettivi, anche se le notizie più recenti in merito parlano dell’emergenza di qualche spiraglio per la creazione di una giunta comunale di emergenza.
Però, in attesa che questa situazione in divenire si trasformi in fatti concreti, non ci resta che attendere speranzosi, nella convinzione che, per essere Potenza la Basilicata e la primavera di Matera un fatto veramente recente, (lo sostiene sempre il direttore del Quotidiano) si fa più che indispensabile come istanza primaria, il partecipare alla soluzione della grave crisi potentina dei massimi esponenti della Regione.
Gli stessi che, da una ventina d’anni si alternano ai piani alti del palazzo istituzionale di via Verrastro e che, essendo “provinciali” rileva ancora la Serino, hanno “un rapporto emotivamente difficile con Potenza”.
Cosa, questa, che non accade per la città delle cui recenti conquiste si è gioito e non poco nelle contrade lucane, comprese quelle potentine, ma che non può continuare ad essere al centro di una stucchevole insopportabile glorificazione quotidiana nella quale lo zelo della carta stampata e dei media radiotelevisivi del servizio pubblico mi pare francamente eccessivo, visto che fa riferimento a un fatto risaputo, e rischia di accentuare antichi dualismi di cui non si avverte necessità alcuna.
E questo anche per i paragoni, volutamente forzati e quanto mai stupidamente cattivi, fra una realtà dipinta immancabilmente tutta rosa e fiori e quella a dir poco squallida, se non proprio laida, della città dell’eterno gratuito vituperio delle nostre genti.
A buon intenditor non occorrono altre parole se non quelle che chiedo ancora in prestito ad Andrea Di Consoli per proporle come significativa chiusa di questo mio intervento.
“Mi piacerebbe – dice l’intellettuale rotondese – che si aprisse una grande battaglia per “Potenza capoluogo di regione 2019”. Un ruolo, questo, “da riscoprire facendo convergere su Potenza tutte le migliori energie politiche, economiche, sociali e culturali non abbagliate dai lustrini di Matera, non inacidite dal clientelismo più o meno tradito del solito e troppo diffuso Cupio dissolvi del tanto peggio tanto meglio”.
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