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MI SEMBRA letteralmente patetico il tentativo di nobilitare il taglio ai vitalizi degli ex consiglieri etc, tra i quali chi scrive, con il sostegno di «iniziative culturali quali ad esempio una rivista che riapra il dibattito sul Mezzogiorno e la creazione di un archivio degli scrittori lucani» e la «riflessione culturale», cui ammettere – quanta magnanimità – la «partecipazione» dell’Associazioni dei paganti, peraltro – sua bontà – «da rivitalizzare». E’ patetico, ma non solo.
Anche distratto, perché dà alla democrazia la virtù d’interpretare personalmente «i segnali che i cittadini chiedono alla politica» che sempre si attribuiscono i regimi assolutistici. Ed ingenuo, perché confessa che, da parte di chi ricopre un ruolo pubblico si vorrebbe pubblicare per valorizzare (magari clientelarmente? Come accade ormai con tante festicciole e scritti o manifestazioni pseudo culturali) a spesa delle pensioni di ex eletti, da tempo a vita privata.
E che per «riaprire il dibattito sul Mezzogiorno» occorra una Rivista e giornali (quasi ne mancassero e talvolta in difficoltà economica) laddove non sarebbe dunque sufficiente una vigorosa ed eletta Assemblea regionale. O tempora o mores.
E se «i segnali dei cittadini» fossero nel senso di richiedere che i politici in servizio siano all’altezza dei problemi attuali, magari attingendo all’esperienza positiva degli ex e completando progetti già seminati? Certo, anche questo è difficile interpretarlo. Mentre non è difficile, quanto a conoscenze che il politico dovrebbe avere (specie se di professione), immaginare che ci si ricordi del Leviatano di Tommaso Hobbes. Liddove magari veniva teorizzato l’assolutismo, ma come avanzamento rispetto allo stato di natura. Quello dell’homo homini lupus, per uscire dal quale, secondo il Nostro, la ragione dettava un principio fondante la convivenza umana, quel pacta servanda ch’è il vero punto nella discussione aperta sui vitalizi.
In ogni società che si definisca civile, quando un lavoratore (operaio, impiegato, politico, amministratore, dirigente etc) va in pensione, acquista uno status ch’è attuativo del patto da lui stipulato con la Comunità e che lui ha onorato versando a suo tempo i “contributi” di Legge.
In base al principio del pacta servanda (del 1651, persino in un comune vocabolario, lo Zanichelli a pag.1816, i diritti quesiti, già maturati da un soggetto ed entrati a far parte del suo patrimonio giuridico), il patto scattato con la quiescenza non puo’ essere modificato. E se lo facesse – come pur ventilato – il nuovo Presidente dell’Inps per milioni di contributivi riconducendoli d’autorità a retributivi?
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