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BREVE premessa: la crisi regionale è strutturale quindi sistemica e viene da lontano. A tale crisi se n’è aggiunta un’altra, ancora più grave dal 2007 di natura internazionale che ha scardinato, tra l’altro, in Basilicata quasi per intero la piccola e media impresa industriale di origine esterna, facendo perdere oltre 5.000 posti di lavoro, collocando l’economia regionale in uno stato non più di stagnazione che si ha quando persistono modeste variazioni del prodotto interno lordo e del reddito procapite,ma di grave recessione che si caratterizza con periodi prolungati di diminuzione complessiva e procapite della produzione (il Pil regionale ha perso il 7% solo negli ultimi due anni). Le conseguenze di tale stato di cose sono l’alto tasso di disoccupazione che va oltre il 22% della forza lavoro, una vastissima area di povertà che investe 30 mila famiglie lucane, alle quali occorre aggiungerne altre 10 mila che comunque manifestano serio disagio economico, una emigrazione giovanile che consente alla Basilicata di” regalare” circa 2.000 giovani al centro-nord ogni anno, pari a 200 milioni di euro, al netto del sostegno che le famiglie danno loro come integrazione ai modesti stipendi e salari che non sono sufficienti per sopravvivere nelle nuove aree di insediamento.
Il paradosso è che la crisi multipla non viene percepita in tutta la sua gravità. Essendo in massima parte strutturale, ha prodotto come dire assuefazione, rassegnazione, sfiducia nella reale possibilità di superarla. Uno stato mentale che investe sia la classe dirigente che la società nel suo insieme.
Entrambi i suddetti segmenti sociali si comportano come la rana cinese di Riccardo Illy che, messa in una pentola di acqua riscaldata a fuoco lento, si abitua al cambiamento graduale della temperatura dell’acqua ed è incapace di avvertire il pericolo a cui va incontro e quindi di reagire.
La rana cinese rappresenta metaforicamente la Basilicata di ieri e di oggi, una regione in declino a tutti i livelli, non consapevole di ciò che sta accadendo. Questo è vero nei grandi numeri.
In realtà, accanto ai giovani che vanno via avendo già giudicato bollente e dunque insopportabile l’acqua della pentola lucana, ve ne sono altri (giovani e meno giovani) che non vogliono abbandonare la regione, che ritengono inadeguata la classe dirigente regionale, a cominciare da quella politica e che incominciano finalmente a manifestare insofferenza (si veda gli ultimi due appuntamenti elettorali delle regionali e delle europee). Quello che registro positivamente in questi ultimi tempi è che c’è fermento in molteplici ambiti sociali: alcuni sindacati dei lavoratori, settori importanti del mondo cattolico, associazioni culturali e di volontariato, singoli cittadini stanno ponendo, sia pure per il momento in modo frammentario, il tema del cambiamento, l’area degli apoti sta crescendo. La crisi la percepiscono e la considerano, come è giusto che sia, uno shock, una opportunità per cambiare, per dare un futuro alla regione, partendo dalle trincee sociali e lavorative che presidiano. Per rimanere nelle metafore culinarie e completare l’analisi precedente , se si osserva attentamente la cucina lucana si nota che sui fornelli vi sono due pentole, quella della rana cinese e quella istituzionale, descritta dall’economista Paolo Savona, ossia l’utensile bucherellato, in cui si immette capitale umano (le nuove generazioni), grandi risorse pubbliche e private, un potenziale capitale sociale, tutti fattori finalizzati potenzialmente a stimolare le esportazioni e/o sostituire le importazioni con produzioni interne, che tuttavia si perdono in gran parte, avendo orientato i mezzi disponibili verso un modello socioeconomico assistenziale e parassitario, incapace di auto sostenersi e che al contrario ha innescato la deriva del sottosviluppo cronico, della dipendenza dall’esterno, pur avendo la Basilicata risorse interne( capitale umano, acqua, petrolio, ambiente) tali da realizzare piena occupazione, se soltanto fossimo capaci di utilizzarle con efficacia ed efficienza. I soggetti che non si rassegnano allo status quo si rendono conto che debbono uscire il più rapidamente possibile dalla prima pentola per entrare in una nuova pentola istituzionale ed economica, buttando alle ortiche la pentola bucata. Per fare questa rivoluzione ci vogliono nuove idee per supportare progetti innovativi, governance adeguate per realizzarli, la voglia di fare da sé, di accettare la sfida della modernizzazione.A ben vedere, i soggetti in questione sanno di dover fare massa critica, individuando e costruendo una offerta politica di cambiamento di regole e di organizzazione nella politica, nell’economia che riconoscano meriti, competenze e non appartenenze politiche.
E sono consapevoli del fatto che o si innova dal basso o la strada è quella dell’intervento dall’alto, ossia di fatto la fine dell’ente regione Basilicata. Tertium non datur.

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