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C’È un gran fermento per Matera 2019 e assolutamente tifiamo perché questo traguardo venga raggiunto ma c’è qualcosa su cui vorrei riflettere insieme ai lettori ed è quella data: 2019.
In questo momento ci sono centinaia di persone che il traguardo di quella data non lo vedono. Si tratta dei lavoratori in mobilità in deroga che da più di tre anni si trovano in questa condizione di “derogati”.

Per loro il calendario si è fermato al 31 agosto 2014. Si perché a mezzanotte di quella data sono cessate le loro funzioni di cittadinanza. Gli uomini e le donne che incontriamo ai presidi di Ferrandina, Bernalda, Montescaglioso per lo stato sono dei fantasmi. E va detto che attendono ancora sei mesi di indennità di mobilità.
Conosco quel mondo e ne ho troppo rispetto per tributare loro una semplice solidarietà. Loro non chiedono la pacca sulla spalla o la comprensione del dramma che vivono perché una volta a casa quelle persone e le loro famiglie sono sole, sole con i guai che questa condizione comporta.

Possiamo parlare di reddito minimo o di altri strumenti di assistenza ma come facciamo a liquidare così la questione nei confronti di quei lavoratori che sarebbero già stati in pensione se non fosse intervenuta la riforma del 2012.
L’aspetto previdenziale non è un aspetto secondario per chi ha ormai più di 35 anni di contribuzione e un’età anagrafica prossima ai 60 anni. E’ indispensabile avere il tempo per selezionare i diversi profili di una platea che nel corso del tempo ha visto ingrossare le proprie fila, e ancora ci sono affluenti, per la crisi e che oggi in uno snodo delicatissimo vive di una differenza sostanziale di interessi.

Chi è giovane e lontano da una forma di assegno previdenziale deve essere messo nelle condizioni di trovare una nuova occupazione e quindi va potenziato l’aspetto della formazione e anche dell’assistenza in attesa di una occasione di lavoro ma nel nostro territorio quali opportunità ci possono essere per chi è stato così sfortunato da non poter accedere alla pensione prima del 2012?
E’ una battaglia delicata che mette in mostra certamente i limiti di un welfare che non si è preoccupato per tempo di un mondo che cambiava, di una lentezza di riflessi dovuta all’abitudine che alla fine una soluzione comunque si è sempre trovata, di una mancanza di coesione perché si è sempre è pensato che il problema dell’altro non fosse il proprio.
In quei presidi c’è tutto questo. C’è la dignità di chi chiede rispetto e di essere ancora riconosciuto cittadino di questo stato ed è una mobilitazione importante che va ascoltata perché altrimenti l’esasperazione può prendere strade incontrollate.
Tra la conversione in legge del decreto legge “Sblocca Italia” che rifinanzia gli ammortizzatori in deroga e la prossima legge di stabilità bisogna trovare le modalità per evitare il naufragio di questi lavoratori e per far si che anche per loro la data del 2019 sia un orizzonte e non una chimera. In cui la vera vittoria, di cultura e umanità, è non lasciare nessuno indietro.

SALVATORE RUSSILLO

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