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REGGIO CALABRIA – Le foto del dobermann nero focato, privo di vita, buttato in un angolo del porto di Reggio Calabria, con un laccio blu attorno al collo, hanno subito fatto il giro del web. Sotto le immagini si leggeva che era stato recuperato da alcuni pescatori e che era stato poi interessato il Comune per il suo recupero. Si è subito fatto riferimento a una morte tragica, determinata da un affogamento violento, perfino sassi ancorati al collo per farlo andare giù. La rete davanti a quelle immagini brutali, ha mostrato tutta la sua indignazione e di ipotesi in ipotesi, è giunta alla tragica conclusione che il dobermann era stato certamente vittima di una violenza inaudita che lo ha portato a quella tragica morte. Immediatamente in tanti si sono chiesti chi fosse il proprietario di quel cane tanto bello quanto sfortunato e non sono mancati chiari riferimenti al fatto che il delitto si possa essere addirittura “consumato in famiglia”.
Solo ieri Carmelo De Moià, il padrone di Killer, così si chiama il bellissimo dobermann rinvenuto privo di vita, si è reso conto che sul suo personale dolore si stava tessendo una tela insidiosa che distorceva la verità e che soprattutto aggiungeva altra sofferenza a quella già lancinante per la perdita improvvisa del suo compagno di vita. «Il mio cane è scomparso il 14 agosto scorso – racconta -. L’ho portato con miamoglie insieme all’altro nostro cane, a fare una passeggiata verso le 6 del mattino, giù alla Marina. Killer giocava, si allontanava e poi tornava. Quella mattina però, nonostante lo abbiamo chiamato più volte e cercato in lungo e in largo, il cane non tornava. Premetto che il nostro era un cane molto socievole, abituato a stare con tutti e quindi pronto ad avvicinarsi a chiunque lo invitasse a farlo».
L’assenza di Killer fa scattare le ricerche. Quelle di Carmelo e della moglie, del figlio Antonio e di amici che lo cercano nella zona senza alcun risultato. Vengono interpellati anche i carabinieri. Anche il giorno si passa a soqquadro la zona nel tentativo che il dobermann sia lì ad attendere i suoi padroni. Sabato mattina però l’attesa di Carmelo si conclude con una telefonata proveniente dalla capitaneria di Porto di Reggio Calabria.
Lo avvisano che il suo cane è stato ritrovato morto, annegato. Carmelo si reca immediatamente al porto e lascia volutamente a casa la moglie, teme che vedendo il cane possa avere un malore. E lo ritrova il suo Killer, gonfio, inerme, immobile. Il cane non presenta ferite, nessun segno di violenza. Pare sia caduto in acqua e sia annegato. Come e quando, nessuno lo saprà mia. Forse ha cercato di risalire e non ce l’ha fatta e tutti lo hanno cercato dove lui non c’era più. «Per noi Killer era un figlio – racconta Carmelo -. Mia moglie e io stavamo sempre con lui e l’altro nostro cane, un meticcio. Pensi che quest’anno abbiamo fittato una casa a Saline solo per loro, per farli stare bene e in libertà. Questa assenza per noi è molto gravosa. Chiediamo di vivere il nostro dolore lontano dai clamori».
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