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VIBO VALENTIA – Avere una figlia, vedersela sottrarre ancora bambina dal giudice tutelare, passare 16 anni lontano da lei e, infine, morire, senza averla mai potuta vedere. Questa, in estrema sintesi, la triste vicenda umana di Teresa Bazzacco, morta a 51 anni, poco prima di ferragosto, nell’ospedale di Catanzaro dove era ricoverata per via delle gravissime condizioni di salute: per il diabete le erano state amputate le gambe e lei era diventata praticamente cieca. 

A metà degli anni ’90, quando vivevano in Piemonte, la poveretta, di origini pavesi, e il marito, poi deceduto, si erano visti sottrarre Viviana, la loro unica figlia di otto anni affetta da handicap psico-fisico, dal tribunale di Torino che li aveva ritenuti inadatti ad accudirla. Il giudice tutelare aveva affidato la bambina ad una casa di accoglienza di Cirié e da allora, per ben 16 anni, Teresa (rimasta vedova e trasferitasi nel frattempo a Filadelfia) non l’aveva mai più vista. 

L’ULTIMO APPELLO DELLA DONNA

Circa due anni addietro, quando già il diabete ne stava limitando fortemente la vista, lanciò tramite il Quotidiano della Calabria un disperato appello al giudice tutelare e alla dirigenza della casa di Cirié, dicendosi addirittura disposta a vedere la figlia da dietro un vetro a specchio, pur di coronare questo suo sogno. La sua vicenda rimbalzò subito sui media nazionali, Rai 1 Mattina si collegò in diretta con la modesta casa di Filadelfia dove lei lavorava come badante, fu invitata a Canale 5 dove raccontò la sua triste storia. 

L’OFFERTA DEL COMUNE DI PAGARE IL VIAGGIO

Noti psicologi, assistenti sociali, avvocati di grido si stracciarono le vesti, si parlò di diritti negati, si assicurò concreto interessamento con chi di dovere. Solo parole, purtroppo, risultati zero. Così come nessun esito ebbe un secondo appello lanciato nello scorso luglio, sempre sul Quotidiano. E così, poco prima di ferragosto, Teresa se n’è andata, quasi in punta di piedi, dimenticata da tutti (tranne le assistenti sociali dell’Asp vibonese che le sono state vicino fino all’ultimo). Se n’é andata portandosi nella tomba questo suo grande cruccio, dopo essersi vista rifiutare un diritto che nessuno, men che meno le istituzioni, dovrebbero mai negare ad una madre in fin di vita. 

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