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REGGIO CALABRIA – Ventiquattro arresti a Rosarno: inflitto un nuovo duro colpo al clan Pesce e Bellocco. Tra i destinatari dell’ordinanza anche Giuseppe Spataro, zio del boss Francesco Pesce alias “Testuni” che il gip di Palmi aveva scarcerato nelle scorse settimane. Determinanti per la sua posizione si sono rivelate le dichiarazioni rese dalla collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce.
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L’indagine del Ros dei carabinieri è coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho e dai sostituti Alessandra Cerreti e Giovanni Musarò. Le accuse nei confronti degli arrestati sono associazione di tipo mafioso, porto e detenzione illegale di armi e munizioni, favoreggiamento personale e intestazione fittizia di beni, fattispecie, quest’ultime tre, aggravate dalle finalità mafiose.
IL SEGUITO DELL’OPERAZIONE DI LUGLIO – I carabinieri e i finanzieri dei comandi provinciali di Reggio Calabria hanno eseguito questa mattina l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria. L’operazione segue l’esecuzione dei fermi emessi dalla Procura distrettuale antimafia lo scorso 16 luglio nell’operazione Sant’Anna (LEGGI), nel corso della quale il boss Bellocco era stato filmato mentre consegnava pizzini in carcere (GUARDA IL VIDEO) e, una volta scarcerato, mentre riorganizzava la cosca insegnando l’uso delle armi (VIDEO). Per sette dei fermati era stato convalidato il fermo, per altri il gip di Palmi si era dichiarato incompetente e le accuse sono state ora riprese.
Oggi altri due esponenti della cosca sono stati colpiti dal provvedimento cautelare per associazione mafioso, si tratta di Giuseppe Bellocco, figlio 27enne del boss Gregorio Bellocco condannato all’ergastolo, e Domenico Bellocco, figlio 27enne di amiche le Bellocco condannato a 17 anni di reclusione con il rito abbreviato lo scorso maggio nell’ambito del processo Blue Call-Tramonto.
Il gip di Reggio Calabria ha anche disposto il sequestro preventivo di 2 autovetture, di diverse attività commerciali (fra le quali una pizzeria) di una abitazione, nonché di numerosi rapporti bancari, postali e assicurativi intestati agli indagati, per un complessivo valore stimato di 1 milione di euro.
LE VACANZE DEL BOSS LATITANTE A GIZZERIA – È stata la latitanza di Giuseppe Pesce a dare avvio a una articolata attività d’indagine. L’intensificarsi della pressione investigativa e il fermo, il 16 aprile 2013, di Domenico Sibio (uomo di fiducia di Giuseppe Pesce) e l’arresto, il 5 maggio 2013, nei confronti della moglie del latitante, Ilenia Bellocco, hanno indotto Giuseppe Pesce a costituirsi, il 15 maggio 2013, presso la Tenenza dei Carabinieri di Rosarno.
E’ stato poi accertato che il pericoloso latitante aveva potuto fare affidamento, in forma diretta o mediata, su una ristretta cerchia di soggetti particolarmente fidati che, con ruoli diversi in più fasi della fuga del giovane rampollo della cosca rosarnese, avevano fornito il proprio determinante contributo per assicurargli lo stato di clandestinità tramite la realizzazione di un bunker, rinvenuto dai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale in località San Fili del comune di Melicucco il 9 marzo 2013, nella proprietà di Francesco Nardi (condannato dal Tribunale di Palmi).
Cinque delle persone arrestate, con altri già assicurati alla giustizia tra cui Saverio Marafioti e Domenico Sibio, entrambi condannati in primo grado nel processo Califfo, hanno fornito la propria prestazione d’opera per la realizzazione del nascondiglio, dotato di un efficientissimo sistema di ingresso e di sorveglianza, le cui caratteristiche costruttive erano del tutto analoghe al bunker rinvenuto in località Petrosello di Rosarno presso la ditta Demolsud, nel quale è stato localizzato e catturato, il 9 agosto 2011, sempre dai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria, Francesco Pesce allora reggente della omonima cosca e fratello di Giuseppe.
Gli indagati avrebbero inoltre consentito a Giuseppe Pesce in più occasioni il ricongiungimento con la moglie Ilenia Bellocco, tramite un riservato e collaudato sistema di manovre, staffette e cambi di autovetture. In particolare sono stati accertatati, tra gennaio 2012 e marzo 2013, più di una dozzina di allontanamenti della donna, che aiutata da fedelissimi affiliati alla cosca o da stretti congiunti, è riuscita, seppur estemporaneamente e per brevissimi periodi, ad incontrare il marito latitante, o con lui a trascorrere un periodo di vacanza, nell’estate 2012, a Gizzeria Lido (Catanzaro).
Inoltre, alcuni di questi indagati si sono attivamente operati per eseguire continue bonifiche dei luoghi e delle autovetture a loro in uso per sviare le investigazioni in corso o eludere servizi di pedinamento dei militari operanti eseguiti nei loro confronti.
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