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POTENZA – C’è chi dice che è stato un flop, chi invece ha evitato di partire dal numero. Eppure 400 persone non sono poche per la Basilicata, soprattutto se nei prossimi anni si riuscirà a costruire il grande network verde capace di raccogliere tutte le istanze dell’ambientalismo lucano. Quell’ambientalismo che il ministro Guidi dimostra di non sopportare, viste le recenti esternazioni sulla stampa. Quella forza che ieri, dall’Unione Sindacale di Base, Movimento 5 Stelle, Libera, No Triv, No Scorie, Ola, qualche componente delle associazioni di estrema destra potentina e persino i neoborbonici hanno dimostrato di avere davanti il palazzo della Regione a Potenza. E poi ci sono i cittadini che arrivano da tutta la regione, ma soprattutto da dove il petrolio si estrae.
E così mentre nel palazzo l’incontro con il ministro Guidi per discutere sul futuro del petrolio lucano si consumava, dall’altra parte della barricata c’erano loro, i protagonisti di una battaglia che sta coagulando all’interno del “Comitato 4 giugno”, un punto di partenza differente rispetto alle scelte politiche del palazzo. Ma tra striscioni, pentolacce e slogan mancavano i veri protagonisti: gli agricoltori lucani che da anni fanno i conti con l’inquinamento delle terre e i lavoratori impegnati nella filiera del petrolio, gli stessi che qualche mese fa scioperavano denunciando scarsa sicurezza, poca tutela della salute e trattamenti salariali sbilanciati. Tutto questo in un territorio che dall’Itrec fino alla Teknosolar, passando per le aree Sin, il centro oli di Viggiano e quello di Tempa Rossa ancora in costruzione, dimostra comunque di covare un’anima ribelle e poco propensa alle trattative.
Ieri mattina il primo a fare capolino intorno le 10 e 30 è stato Marco Pannella assieme a Maurizio Bolognetti, una toccata e fuga per il leader dei Radicali Italiani ma comunque un’attestazione di vicinanza importante anche se ha incassato qualche contestazione da parte di qualche manifestante. Poco più in là c’è anche Giuseppe Di Bello.
LA CRONACA – Via Verrastro è transennata, ma di imponenti misure di sicurezza non se ne vedono, la strategia è di restare a margine della folla chi chiaramente ha scelto di protestare in maniera pacifica. Il perimetro del palazzo della Regione è completamente tappezzato di striscioni, alcuni ricordano vecchie mobilitazioni, come “Mo’ Basta”, ma campeggia anche quello dei No scorie Trisaia. Su uno di questi ci sono i due faccioni di Folino e De Filippo e l’eloquente scritta “a casa”. Un montacarichi invece, a piazzale Michetti, ospita lo striscione “Petrolio=morte”. A pochi passi c’è l’unico gazebo messo in piedi, quello del Movimento 5 Stelle. E a proposito di Movimento. Mirella Liuzzi e Vito Petrocelli sono riusciti a partecipare all’incontro, meno fortunato è stato il consigliere regionale Giovanni Perrino, che non è stato fatto entrare, salvo poi il dietrofront dei vigilantes appena il consigliere ha imbracciato il megafono. Cori e slogan si sprecano, alcuni sono rivolti anche a Romano Prodi, che nelle ultime settimane si è schierato a favore delle trivelle. Ma le anime all’interno del presidio sono tante. Ci sono le donne di Libera che mostrano i dati scientifici sulle emissioni del centro Oli, dati Arpab che dimostrano sforamenti di sostanze oltre la norma. In un angolo sventola la bandiera del Regno delle Due Sicilie mentre i No Triv sono sparsi ovunque. Pochi gli studenti liceali, quasi nessuno. Si era parlato di autobus in arrivo, non si sono mai visti. In compenso c’è chi con coperchio e cucchiaio dimostra di essere presente o chi con cesta di frutta in mano cerca di dimostrare gli effetti del petrolio sull’agricoltura. Ma tra simboli e striscioni spunta anche quello dell’Altra Europa per Tsipras, forse, assieme ai 5 stelle, l’unico simbolo “politico”.
E poi c’è un dato politico da estrapolare da questa manifestazione, lo spunto arriva dall’intervento di Altragricoltura sul palco che poi ospiterà il concerto serale: è vero che la linea dei comitati ambientalisti punta tutto su zero trivelle, rifiuti zero e tutela ambientale, ma si è cominciato anche a parlare di petrolio come bene comune della Basilicata al pari dell’acqua. Quasi a ribadire che se proprio sviluppo deve esserci che sia allora a favore dell’ambiente. Una contraddizione che forse identifica un po’ i limiti della protesta, alla ricerca ancora di una linea chiara. Ma la prova dell’esistenza di un’altra Basilicata era sotto gli occhi di tutti.
v.panettieri@luedi.it
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