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REGGIO CALABRIA – «Siamo con te, ti siamo vicini»: è il senso di decine e decine di lettere giunte da varie carceri italiane e scritte da detenute e detenuti a Chiara
Rizzo, la moglie di Amedeo Matacena, reclusa nel carcere reggino di Arghillà con l’accusa di avere favorito, insieme all’ex ministro Claudio Scajola che secondo i testimoni era “ossessionato” da lei (LEGGI), la latitanza del marito – condannato a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa – e di avere agito per schermare i suoi beni. Lettere in cui gli altri detenuti manifestano solidarietà alla Rizzo, rivolgendosi nei suoi confronti con frasi affettuose.

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Tra le tante missive ricevute c’è anche quella del marito. Ma di questa l’ex modella non vuole parlare. «Ha risvolti strettamente personali – spiega il suo avvocato Bonaventura Candido – e giustamente vuole che resti una cosa tra loro».

Il legale ha incontrato ieri la sua assistita e ha raccontato che dopo un primo periodo in cella da sola ha chiesto ed ottenuto di essere sistemata con altre detenute con le quali si è integrata. Per loro la Rizzo ha parole di apprezzamento, così come per il personale della Polizia penitenziaria con il quale è in contatto. «Non si lamenta – dice il suo avvocato – e l’ho trovata tranquilla. Aspetta fiduciosa le decisioni alle nostre istanze».

E sulle lettere Chiara Rizzo è rimasta paicevolmente sorpresa e ha detto: «Mi riprometto di rispondere a tutte quelle che sto ricevendo». 

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