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REGGIO CALABRIA – Si è concluso con dieci condanne il processo a carico dei componenti della famiglia Lo Giudice a Reggio Calabria accusati, tra le altre cose, oltre che a vario titolo di associazione mafiosa anche di aver piazzato le bombe sotto la procura di Reggio Calabria nel 2010. 

 
 

Il collegio giudicante presieduto dal giudice Silvia Capone ha emesso la condanna più pesante a vent’anni di reclusione nei confronti di Luciano Lo Giudice, fratello del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice scomparso nel giugno dell’anno scorso e poi arrestato in autunno (LEGGI), ritenuto al vertice del clan. 
Pene pesanti anche per quanto riguarda gli altri imputati: dovrà, infatti, scontare 14 anni e sei mesi Saverio Spadaro Tracuzzi, capitano dei carabinieri accusato di concorso sterno in associazione mafiosa (LEGGI). È stato condannato a 18 anni di reclusione Antonio Cortese, indicato dal pentito Lo Giudice come esecutore dell’attentato dinamitardo contro la Procura generale di Reggio Calabria nel gennaio del 2010 e come armiere della cosca. Giuseppe Cricrì è stato condannato a quattro anni e sei mesi, Giuseppe Lo Giudice a sette anni e sei mesi, Fortunato Pennestrì a dieci anni, Salvatore Pennestrì a 13 anni, Giuseppe Reliquato e Bruno Stilo a 16 anni, Antonino Spanò a sei anni. Sono stati assolti da tutte le accuse gli imprenditori Enrico Rocco e Antonino Arillotta.
Al termine del processo il tribunale di Reggio Calabria ha trasmesso gli atti alla Procura affinché proceda ad indagini nei confronti del colonnello dei carabinieri Valerio Giardina, dei suoi collaboratori Gerardo Lardieri e Francesco Maisano, di Leo Nucera e Calidea Condemi, Ivan Giordano e Gaspare Campanella. Gli investigatori sono stati segnalati per il reato di falsa testimonianza.
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