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SEICENTO CANDIDATI e passa, quelli in corsa per il consiglio comunale che verrà. Più i sei aspiranti alla fascia tricolore. Si sono spesi tutti a spiegare che Potenza è, da dove viene, come bisogna governare un capoluogo in continua emergenza. Ma per quale idea di città dovremmo votare, nessuno l’ha saputo raccontare. Ecco, alla campagna elettorale di #potenza2014 è mancata visione, è mancata un po’ di speranza.

Seicentotrentasei candidati meno una lista, quella di Azione Civica esclusa dalla commissione elettorale. A Sinistra per Potenza è andata meglio: riammessa dopo il ricorso contro la ricusazione. In tutto venti liste, sei candidati al ruolo sindaco, due schieramenti spaccati. 

Diviso in due il centrosinistra: da un lato l’avvocato Luigi Petrone, sostenuto da Pd, Sel, Rifondazione, Centro democratico, Scelta civica, Psi; dall’altro l’ex assessore regionale Roberto Falotico supportato da Realtà Italia, Idv e Movimento nuova Repubblica. 

Anche per l’altro schieramento la campagna elettorale è cominciata molto prima della presentazione delle liste. Con o senza primarie? Come scegliere il candidato migliore? Questa volta, in fondo, dicevano già da qualche mese, «può essere la volta buona» dopo decenni di centrosinistra al governo. Ma niente accordo, niente primarie e doppia candidatura. Con Michele Cannizzaro, ex direttore generale del San Carlo ci sono Forza Italia, Nuovo centrodestra, l’Udc. Fratelli d’Italia-An e Popolari per l’Italia stanno dalla parte dell’ingegnere Dario De Luca.

Giuseppe Di Bello, l’ex tenente di polizia provinciale, volto di battaglie ambientaliste, ci riprova come alle regionali, presentando la lista Liberiamo la Basilicata.

Savino Giannizzari si confronta soprattutto con i risultati delle ultime politiche, quando nessuno avrebbe pronosticato che il M5S fosse il primo partito cittadino. Certo, dicono tutti, le comunali sono un’altra cosa. Contano relazioni personali, profili singoli, storie e legami di comunità. E i programmi?

Quelli non sono mancati in questa campagna elettorale, depositati, distribuiti e discussi in appuntamenti pubblici e nei dibattiti tv. È mancata, invece,  un’idea di città.

Il dibattito si è concentrato su alcuni temi: il debito dell’ente, la ztl, il centro storico. È stata una battaglia di cifre sulle casse vuote del Municipio.

Quello che è mancato nel dibattito pubblico è un’idea di città. 

Che Potenza immaginiamo? Che prospettiva per questa realtà urbana? Che città deve diventare Potenza in questo tempo moderno? Nessuno dei candidati al ruolo di sindaco ha saputo raccontare la città da costruire con i cittadini, guardando al futuro.  

La campagna elettorale di #potenza2014, tutta ripiegata sul presente e sulla dimensione locale, ha mantenuto toni bassi. Manifesti, comizi in piccoli angoli della città (pochi, pochissimi hanno sfidato la dimensione di piazza Mario Pagano), soprattutto molti mini-appuntamenti nei singoli comitati elettorali. Dei 600 e passa aspiranti a un posto in aula, solo in cinquanta si stanno davvero giocando una postazione a Palazzo di città.

Sullo sfondo di questa campagna elettorale, poi, una primavera tardiva e la costante compagnia di un fantasma. Marcello Pittella non si è mai fatto vedere, non ha mai detto o annuito. Democratico, renziano «non posso schierarmi, non si fa, sono il presidente della Regione».  Per tutto il resto, basta aspettare lunedì.

s.lorusso@luedi.it

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