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REGGIO CALABRIA – Il senatore del Centrodestra Nico D’Ascola ha annunciato di avere rinunciato all’incarico di difensore dell’ex ministro Claudio Scajola (LEGGI I DETTAGLI SUL SUO ARRESTO), spiegando che la decisione è da mettere in relazione alla polemica, «falsa e strumentale», relativa al presunto conflitto di interessi in cui si troverebbe essendo relatore del ddl sui reati dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, autoriciclaggio, voto di scambio e false comunicazioni sociali. Intanto l’ex ministro Claudio Scajola, tramite gli altri sui legali, è ricorso al tribunale del riesame contro l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere. Questa mattina l’istanza di riesame della custodia cautelare è stata depositata a firma dell’avvocato Giorgio Perroni, legale di fiducia dell’ex ministro arrestato con l’accusa di procurata inosservanza di pena, a favore dell’ex deputato Amedeo Matacena, nell’ambito dell’inchiesta Breakfast. Intanto si muovono anche le difese degli altri indagati. Gli avvocati Giuseppe Verdirame e Corrado Politi, legali della madre dell’ex armatore, Raffaella De Carolis, e il solo avvocato Politi per Martino Politi, il factotum di Matacena, hanno già depositato istanza di riesame della custodia cautelare. Ancora non è stata fissata l’udienza. Probabilmente il tribunale del riesame discuterà nella stessa occasione anche l’appello presentato invece dalla Procura, contro il mancato accoglimento dell’aggravante mafiosa.

  
Per quanto concerne Chiara Rizzo è stato fissato per venerdì prossimo, 23 maggio, l’interrogatorio di garanzia dopo l’estradizione ieri dalla Francia (LEGGI LA NOTIZIAGUARDA LE FOTO). L’interrogatorio sarà condotto dalla presidente della sezione gip Olga Tarzia, firmataria delle ordinanze di custodia cautelare. Sarà quella la prima occasione in cui Chiara Rizzo potrà parlare con i suoi difensori, gli avvocati Bonaventura Candido e Carlo Biondi, avendo il gip disposto il divieto di colloquio.
 
Nel frattempo, tra le carte dell’ex ministro sono emersi anche dati riguardanti la morte di Marco Biagi, con una ipotesi di reato, al momento contro ignoti, su cui la Procura di Bologna ha riaperto l’inchiesta archiviata sui comportamenti omissivi di funzionari di Stato nella revoca della scorta al giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Br il 19 marzo 2002. In particolare, si trattarebbe dell’accusa di omicidio per omissione più grave dell’omissione semplice, che sarebbe prescritta dopo 7 anni e mezzo (nel 2009), e dunque perseguibile. E’ prevista dal 2/o comma dell’art.40 codice penale: «Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo». In pratica il procuratore Roberto Alfonso e il sostituto Antonello Gustapane, titolari del fascicolo, ipotizzano che chi sapeva delle minacce a Biagi non fece quello che era in suo potere e dovere per porlo al riparo dai propositi eversivi delle nuove Br. 
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