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AMSTERDAM – Sono state ore sorprendenti quelle passate a Rotterdam, trascorse ad osservare dall’interno una manifestazione di cui non immaginavo l’esistenza, la Shell Eco Marathon.
Intanto, spiego cos’è la maratona ecologica organizzata dalla multinazionale del petrolio: è una competizione tra prototipi di automobili il cui scopo principale è consumare meno carburante possibile. Come? Puntando su tecnologie che consentono una mobilità sostenibile, ottimizzando i consumi e quindi riducendo le emissioni. Non mi dilungherò a spiegare tecnicamente gli accorgimenti ed i tipi di combustibile utilizzati (mi informerò meglio e chiederò a qualche esperto di scriverne), ma voglio soffermarmi su quello che mi ha colpito maggiormente.
I team che partecipavano (oltre 200 da 25 Paesi del mondo) erano composti perlopiù da giovani studenti di ingegneria che mettono in pratica le nozioni che apprendono a lezione; c’erano anche alcuni team di scuole industriali, ragazzi giovanissimi.
Tra i protagonisti della manifestazione l’UniBas racing team, messo in piedi dal professor Nino insieme ad una ventina di ragazzi (quasi tutti lucani e una coppia di spagnoli che ha fatto l’erasmus da noi). L’entusiasmo che si percepiva nel paddock, dove gli studenti si affannavano a trovare le misure per superare i ristrettissimi test di ammissione, e l’aria internazionale che si respirava, mi faceva provare un pizzico di invidia nei loro confronti: questi ragazzi stanno costruendo un futuro migliore per tutti. Il professore che guida i suoi ragazzi è la figura che più mi ha impressionato: senza ricevere supporti economici da università o istituzioni ha messo su il team e da quattro anni porta i suoi ragazzi a sperimentare i prototipi, frutto anche di lavoro notturno, ed a confrontarsi con realtà di tutto il mondo per arricchire il proprio bagaglio culturale ed esperienziale.
Il professor Nino non insegna solo nozioni tecniche, ma fornisce anche un esempio di vita ai ragazzi: la sua abnegazione è profonda e la condivisione dell’intera esperienza, campeggio compreso, è parte della lezione. Queste considerazioni mi fanno ben sperare sul futuro della nostra regione: i nostri ragazzi non si sentono inferiori a nessuno, sono a contatto con una parte significativa di mondo e hanno la possibilità di confrontarsi e fare rete con altri giovani di belle speranze come loro.
Vengo, in chiusura, alla questione più “scottante” della trasferta: sono partito con una vaga idea di quello che le compagnie petrolifere mettono in campo nella nostra regione, e torno con una forte curiosità: voglio saperne di più. Voglio avere i dati dell’inquinamento, scoprire come vengono definite le royalties ed in che modo vengono spese. Se il nostro petrolio copre il fabbisogno del 10 o del 20% nazionale e capire se e come possa diventare una risorsa reale e non per forza un peso per la nostra regione, come in molti paventano.
Questo monitoraggio è in linea con il progetto di Osservatore Lucano, ma per metterlo in pratica ci sarà bisogno di una congiuntura astrale positiva: servirà la collaborazione delle multinazionali, per liberare i dati ed aprirsi al confronto, dei professori (economisti, ingegneri, geologi ecc.) che possono giudicare con autorevolezza, degli operatori di comunicazione, che devono informare in maniera trasparente, e dei cittadini, che hanno un ruolo chiave anche nell’attuazione delle politiche. In questi giorni ho conosciuto persone che appartengono a ciascuna di queste categorie e credo che da questa interazione si possa arrivare ad una collaborazione fattiva ed ad una crescita reale dei nostri territori, che hanno una ricchezza tanto importante quanto vituperata. E che va sfruttata al meglio, facendo attenzione all’ambiente ed al territorio, seguendo pratiche utilizzate in tutto il mondo. E provare a guardare al futuro, avendo i dati come metro di giudizio oggettivo. Credo che sia questa la strada da percorrere: il servilismo sterile e l’ostruzionismo ad oltranza hanno fatto il loro tempo.
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