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La città così fa tutto un altro effetto. Conta lo sguardo di chi la racconta, spesso sorpreso e curioso, come fosse quello di un viaggiatore.
È così che Nicola Figliuolo riesce a stupirsi (e a stupire) con delle prospettive urbane locali. Bianco e nero, angolazioni inconsuete, dettagli o sguardo lungo.
Da qualche tempo lavora a un personale progetto, Urban shots, dedicato a Potenza.
Le sue foto sono su Fotocommunity, un sito europeo di condivisione fotografica. Da pochi mesi ha cominciato a costruire un portfolio su Vogue dove ci sono anche alcuni scatti del capoluogo.
«Qui a Potenza – dice – insiste una certa disaffezione da parte della gente verso la propria città, si tende a criticare tutto, si fa facile disfattismo, si assiste allo scemare del senso civico».
Colpa, spiega, anche del modo in cui viene amministrata la città, della crisi economica, dell’abbrutimento della politica. «Per fortuna non tutto è perduto», sorride. «Siamo in tantissimi ad avere a cuore le sorti del luogo in cui viviamo».
Fotografo professionista del Mibact da 34 anni, si occupa di archeologia. La fotografia è la passione anche del tempo libero, che spende spesso alla ricerca del paesaggio o nella fotografia di strada.
Vista da un obiettivo, che cosa è la città?
«Le città sono come sono, intendo come nell’impostazione urbanistica, nella memoria storica. Ma è la cittadinanza che ne determina la vivibilità, le opportunità, il benessere in generale».
Che cosa è il racconto della città?
«Racconto la mia città provando a guardarla con gli occhi del visitatore occasionale, guardandola con oggettività, con una sorta di filtro che elimina o quanto meno limita la componente emotiva (negativa o positiva) tipica del cittadino che ne vive la quotidianità. Ne vengono fuori visioni inconsuete e capita spesso che i miei concittadini, guardando quegli scatti, dicano: “non sembra la nostra città”, ancora “in foto è più bella”».
Significa costruire una nuova consapevolezza?
«Raccontare la città è anche prendere e far prendere nuovamente coscienza dei luoghi. Significa provare a creare con le immagini dei percorsi che spaziano dai luoghi della modernità a quelli più nascosti, magari un po’ scomodi , fino a quelli tradizionali e storicamente deputati alla vita di comunità come la strada principale, la piazza».
Che differenza c’è tra fotografare la città e il paesaggio?
«Per quanto mi riguarda fotografare la città significa mettere in relazione l’uomo con i luoghi, le consuetudini, raccoglierne le dinamiche. Nella fotografia del paesaggio urbano credo debba sempre essere lasciato del posto all’immaginazione».
@saralorusso10
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