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LE REAZIONI DEI politici all’ intervista rilasciata nei giorni scorsi al “Quotidiano “ da Santarsiero, già sindaco di Potenza per un decennio, erano largamente prevedibili e  decisamente influenzate da visioni legate a interessi prevalentemente personali.

Chi ne abbia voglia, può trovarvi o meno conferma di proprie convinzioni. A me questa voglia manca. Quella che ho, come cittadina potentina, mi porta ad esprimere considerazioni lontane dal farsi condizionare dagli imbonimenti preelettorali e, al contrario, molto vicine a un sentire largamente condiviso  da quanti vivono a Potenza  ogni giorno  si trovano a fare i conti con lo stato di degrado generale nel quale vive “la città che ci hanno lasciato” quanti sono impegnati oggi nel vano tentativo di rifarsi una verginità dopo aver a lungo mal governato.

Quel che, da un personale punto di vista, mi sembra giusto premettere sulle argomentazioni portate nella citata intervista a questo giornale da Santarsiero a sua difesa personale e dell’operato di chi lo ha affiancato, manca di ogni presupposto di credibilità.

Fatto salvo il diritto esercitato dall’ ex sindaco a controbattere  come meglio ritenuto agli attacchi degli avversari politici, non credo che gli si possa concedere anche la facoltà indirettamente richiamata di includere nella schiera dei bugiardi  e dei cattivi  per vocazione  anche la totale maggioranza dei potentini costretti a vivere in una città travagliata da una crisi di vasta portata, a causa certamente anche dei non pochi intralci frapposti al suo sviluppo dalle colpevoli incapacità di gestione della cosa pubblica a livello municipale.

Le tante troppe cose che a Potenza “non vanno” sono sotto gli occhi di tutti. Negarne l’ evidenza , trincerandosi magari dietro il comodo rifugio di fumisterie legate a qualche realizzazione andata approssimativamente in porto e negando magari, con pervicace improntitudine, i disastri provocati nel capoluogo da una cementificazione sempre più selvaggia, significa ignorare le molteplici brutture  che ne hanno sfregiato il volto e reso sempre più evidente lo stato di delittuoso disordine urbanistico  che si protrae dagli anni Sessanta e che si è andato aggravando con le fallimentari politiche degli ultimi governi municipali.

Mi rendo conto di non dire niente di assolutamente nuovo  rispetto al risaputo “quaderno di doglianze” che di tanto in tanto ci è dato di aprire e al quale, immancabilmente, si frappone l’ invalicabile muro di gomma di una consorteria politico-lobbistica votata a far prevalere il tornaconto di pochi a discapito della collettività.

Ma, se il “repetita iuvant” dell’ antica saggezza latina conserva ancora un minimo di credibilità, forse non è del tutto inutile porre ancora una volta l’ accento, in questa fase che precede la duplice consultazione elettorale del 25 maggio, sulle tante negatività che rendono estremamente precario il vivere dei potentini di nascita o di adozione in quel luogo che li accoglie, “come può” e non come dovrebbe e che chiamiamo ancora con giusto orgoglio Potenza, concorrendo al suo esistere come comunità viva, nata per puntare al bene di tutti ma che, finita nel vicolo cieco degli opportunismi  della peggior specie,  non riesce a tener fede alla missione  delle origini.

Da qui, una situazione in cui sono i pochi ben attrezzati  a far prevalere senza scrupolo alcuno i loro interessi a discapito dei tanti che sembrano votati solo a subire.

Evitando di ricorrere all’ elenco dettagliato e per altro già ben noto di quel che alimenta  la visione per larghi aspetti terzomondista di una città abbandonata a se stessa, basti solo un invito a fare un attento giro di spazi urbani e contrade rivolto alla copiosa legione di aspiranti sindaci e candidati ad occupare un comunque allettante posto di consigliere comunale.

Se, come tutto lascia credere, le manca ancora la piena consapevolezza del gravoso compito  che l’ attende in caso di congruità di voto, questa consistente truppa di propositori di sé stessi  ad una qualsivoglia incombenza in sede municipale , protesa ad affacciarsi senza pudore dai costosissimi manifesti giganti o che, in misura molto più contenuta, impegnata ad inondarci di “santini” subito destinati a finire nella spazzatura, otterrà in massima parte solo la magra consolazione di aver contribuito alla inutilità di presenze velleitarie in assoluto, come sembra inequivocabilmente confermare la pochezza di contenuti delle singole candidature.

Ma tutto questo, al momento, è solo un precorrere gli eventi,  anche se le possibilità che si avverino sono altissime.

Gli interessati potranno rendersene conto a contatto diretto con la brutta aria che tira oggi a Potenza, soffiando, come sembra, verso una diserzione delle urne in misura di gran lunga maggiore  rispetto al passato, segno di una sfiducia pressoché generalizzata nei confronti dei professionisti della politica  e dei loro epigoni d’ accatto.

E visto che in qualche modo  ci si ritrova a tirare in ballo i malandati cardini del nostro sistema democratico, con tutte le non poche delusioni che, a livello lucano più che altrove, ne minano la credibilità , non sarà del tutto inutile che, in questo discorso imperniato prevalentemente sulle attuali difficoltà attraversate a Potenza dalla vita pubblica  e sull’ esigenza di un riscatto della città da troppo tempo atteso, venga coinvolto anche chi oggi occupa il più alto scranno dell’ Ente Regione.

Al “Governatore in tour per la Basilicata” , impegnato a illustrare i suoi programmi  e a rendersi conto attraverso il contatto diretto con i cittadini delle necessità di ogni luogo lucano e di quel che occorre fare per venire incontro alle attese della gente, è più che mai opportuno chiedere se, nel suo peripatetico andare  da un capo all’ altro delle province lucane, abbia inserito o meno anche una tappa nella città sede dell’ organismo istituzionale che presiede e con la cui realtà, gli piaccia o meno, deve pur fare i conti.

In ogni caso, non è certamente chiedere molto a sollecitare un confronto a viso aperto con i potentini a chi, dall’ alto del suo alto incarico  pubblico, non sembra al momento a guardare in basso, là dove c’è quella Potenza che finora non ci sembra abbia ottenuto le giuste attenzioni dovutele  per il ruolo primario che esercita come città dei servizi per l’ intera comunità regionale e che non può essere in nessun caso sminuito da altre lamentose esigenze municipali sorrette da infondate quanto assurde altre “necessità paritarie”.

In attesa del voto sempre più prossimo del 25 maggio, con uno sguardo rivolto all’ Europa e l’ altro alla vicenda municipale potentina, nella speranza che la ragione prevalga su ogni irrazionale forma di protesta  a cominciare dalla diserzione  delle urne, non ci resta che attendere qualche idea finalmente ben fondata perché il nostro capoluogo possa uscire dalle morte gore in cui l’hanno precipitato insipienza politico-amministrativa, egoismi irresponsabili delle lobbies dominanti; speculazioni e illeciti di ogni altro tipo che hanno dato ulteriore forza al vento del discredito che soffia ancora forte su Potenza, sotto la spinta di quegli ambienti che, mentre da un lato sono soliti far ricorso a un vittimismo municipale senza senso, dall’ altro sono maestri indiscussi nel gettare a piene mani fango sul maggiore centro lucano all’ insegna di un campanilismo becero, condannato talvolta a parole e praticato nei fatti, sulla cui essenza, con improntitudine senza eguali, ci vengono talvolta ammannite lezioncine sul tipo di quella  apparsa non molto tempo fa sulle colonne di questo giornale, sorrette dalla stessa credibile affidabilità di quella logica, se di logica si può parlare, del pio bove che dà del cornuto all’ asino.   

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