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BOLOGNA – Nicola Acri è stato arrestato nel novembre 2010 ma l’influenza che continua ad esercitare sul proprio clan resta forte e proprio per combattere una tra le ‘ndrine più pericolose attive sul territorio dell’alto cosentino i carabinieri del Ros hanno eseguito questa mattina nelle province di Bologna, Roma e Olbia-Tempio un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, un decreto di sequestro preventivo di beni e perquisizioni domiciliari a carico di 17 persone accusate a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione di materiale esplodente e armi, favoreggiamento personale e altri reati, aggravati dalle finalità mafiose. 

Come detto al centro dell’indagine denominata ‘Gangale’ c’è proprio l’organizzazione collegata alla ‘ndrina calabrese che fa riferimento a Nicola Acri, 36enne spietato capo ‘ndrina noto come “Occhi di ghiaccio”. L’ordinanza è stata disposta dal Gip del Tribunale di Bologna e dalla locale Dda.
Nicola Acri, per lungo tempo latitante, è stato catturato a Bologna nel novembre 2010 insieme ad altri quattro favoreggiatori trovati in possesso di quattro kg di esplosivo, cinque pistole con matricola abrasa e munizioni. Secondo le più recenti relazioni dell’antimafia Acri è forse il personaggio più temuto dell’area al vertice della dislocazione territoriale della n’drangheta e referente del potente locale degli zingari di Cassano.
Acri ha accusato di una serie di omicidi tra cui tre commessi nel corso della guerra di mafia a Cosenza, uno dei quali compiuti con particolare efferatezza. Una vittima, Primiano Chiarello, infatti, ucciso nel giugno del 1999 a Cassano allo Jonio, fu bersaglio in una stalla di numerosi colpi di mitraglietta Skorpion. Il suo corpo fu poi fatto a pezzi e sciolto nella calce. 
Acri era stato anche accusato e condannato in primo grado ma poi assolto con formula piena in Appello (sentenza confermata anche in Cassazione), dell’omicidio del quarantaquattrenne imprenditore rossanese Luciano Converso, avvenuto il 12 gennaio 2007 in contrada Momena davanti a una villetta. L’accusa, rappresentata allora dal pm della Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto, aveva sostenuto che Acri sarebbe stato il mandante dell’uccisione, perpetrata con 5 colpi di pistola semiautomatica calibro 9X21, mentre suo fratello Gennarino Acri, 29 anni (al 41bis) e Massimo Esposito (30 anni), condannati anche loro in primo grado alla pena massima, gli esecutori. Movente dell’omicidio sarebbe stato sempre secondo l’accusa, il tentativo da parte di Converso, presunto «contabile» della cosca capeggiata da Nicola Acri, di appropriarsi di parte del denaro di cui aveva la disponibilità. 
In seguito la corte d’Appello prima e la Cassazione dopo, come detto, hanno ritenuto la ricostruzione dell’accusa non verosimile assolvendo tutti e tre gli accusati da ogni addebito
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