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NON solo Scajola: le polemiche sull’utilizzo della scorta dell’ex ministro dell’Interno, arrestato giovedì scorso con l’accusa di aver favorito la latitanza di Amedeo Matacena, si inseriscono in un processo di graduale rivisitazione dei servizi di tutela che il Viminale sta portando avanti in questi mesi.
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Secondo i dati più aggiornati, sono attualmente 551 le scorte assegnate in Italia, con costi che si aggirerebbero intorno ai 225 milioni di euro. Questi servizi di protezione impegnano circa 2.500 uomini tra carabinieri, poliziotti, finanzieri e agenti penitenziari.
Circa 20 sono le scorte classificate di ‘primo livellò, che impegnano 3 auto blindate e una decina di agenti per turno, potendo così contare sul lavoro di 30 agenti nell’arco delle 24 ore. Le scorte di ‘fascia A’ vengono mobilitate solo per le massime cariche dello Stato e per le persone “esposte a straordinari pericoli” per l’incarico che ricoprono. Per loro, infatti, la soglia di protezione non può essere abbassata in quanto il rischio è valutato come ‘imminente ed elevatò.
Circa 80, incece, sono le scorte di ‘secondo livellò, che hanno a disposizione 2 auto blindate e 6 agenti per turno. Le scorte di ‘terzo livellò, circa 300, vedono invece impegnati 2 agenti e una vettura blindata. Ci sono poi le scorte di quarto livello (un’auto non blindata e una persona di scorta). Su queste ultime tipologie di protezione potrebbero abbattersi le forbici della spending review. A fine marzo, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, con una circolare inviata ai prefetti, aveva annunciato un giro di vite per ridurre gli sprechi. L’obiettivo del Viminale è recuperare uomini, circa 400, per impiegarli nel contrasto alla criminalità sul territorio.
L’assegnazione delle scorte viene decisa dai prefetti sul territorio, che valutano la sussistenza di pericoli e minacce. La richiesta poi viene condivisa dall’Ucis (Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale). La legge 2 luglio 2002 n.133 ha infatti rimesso all’autorità nazionale di pubblica sicurezza la competenza ad adottare i provvedimenti e impartire le direttive per la tutela e la protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio di natura terroristica o correlate al crimine organizzato, al traffico di sostanze stupefacenti.
La normativa ha previsto l’istituzione all’interno del Dipartimento della pubblica sicurezza dell’Ucis, che ha compiti di gestione complessiva dell’apparato di protezione attraverso la raccolta e l’analisi coordinata delle informazioni relative alle situazioni personali di rischio. L’Ucis è quindi l’ufficio attraverso cui il Dipartimento della pubblica sicurezza, nello specifico settore della protezione dei soggetti a rischio, coadiuva il ministro dell’Interno nella sua funzione di autorità nazionale di pubblica sicurezza.
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