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REGGIO CALABRIA – Scajola «rappresenta la proiezione degli accordi e degli impegni assunti da Matacena». Questo il principio sostenuto dalla Dda di Reggio Calabria nella richiesta al gip di emissione dell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’ex ministro e di altre sette persone per chiedere l’aggravante per avere agevolato la ‘ndrangheta. Richiesta che però non è stata accolta dal gip. Secondo il giudice, infatti, «manca un supporto indiziario idoneo a superare il mero dato congetturale secondo il quale lo Scajola rappresenta la proiezione degli accordi e degli impegni assunti dal Matacena: invero, anche se è emerso un coinvolgimento economico del primo negli affari dell’imprenditore, non emerge un interesse politico sovranazionale orientato a favorire, attraverso possibili ‘finanziamenti pubblici’ soggetti di vertice della ‘ndrangheta reggina». Una tesi contro la quale la Dda ha già predisposto un ricorso da presentare al tribunale del riesame. 

La contestazione dell’aggravante è contenuta, scrive il gip, in una «integrazione alla richiesta di misura cautelare nella quale recepisce e riporta ulteriori elementi di prova a carico» degli indagati, «ricavabili dalla nota della Dia di Reggio nella quale si riportano elementi dai quali sono evincibili rapporti stabili del Matacena con la ‘ndrangheta, in particolare con la cosca dei Rosmini, utilizzati sia a fini elettorali sia nell’ambito di attività imprenditoriali interessanti sia Matacena che esponenti della ‘ndrangheta». 
A detta del gip, però, «può affermarsi che mancano nel caso in esame elementi che depongano per l’idoneità oggettiva della condotta in ordine all’obiettivo di contribuire al rafforzamento di una specifica articolazione criminosa facente parte dell’unicum criminale ‘ndranghetistico».
Nel frattempo, mentre Matacena smentisce dal Dubai la propria volontà di andare in Libano (LEGGI L’INTERVISTA) dalle carte dell’inchiesta emergono diversi altri dettagli tra cui quelli riguardanti il presunto aiuto economico che Scajola avrebbe dovuto dare a Chiara Rizzo, moglie di Matacena, per prendere in locazione una abitazione a Montecarlo.
LA CANDIDATURA ALLE EUROPEE – Secondo l’accusa Scajola attendeva la candidatura al Parlamento europeo e la probabile elezione per poter dare, col proprio stipendio, 15.500 euro a Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, per l’anticipo di una nuova casa in fitto a Montecarlo. E’ uno dei passaggi dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria nei confronti di Scajola ed altre sette persone, tra le quali la stessa Rizzo. Nel provvedimento è riportato il sunto di una telefonata intercettata dalla Dia, risalente al 4 aprile 2014. «Claudio – è scritto nella sintesi riportata nell’ordinanza – chiama Chiara e parlano della soluzione migliore affinché Claudio possa dare 15.500 euro a Chiara che deve dare l’anticipo per l’affitto di un nuovo appartamento senza che risulti il suo nome».
«Claudio – prosegue l’ordinanza – dice che per lui era meglio aspettare un pò di tempo perché se lo candidano, la sua elezione sarebbe molto probabile, per la certezza devono aspettare il 25 di maggio, e comunque con la carica di europarlamentare lui potrà darle una grossa cifra per la copertura delle spese della casa. In caso di mancata candidatura Forza Italia gli proporrà un incarico di prestigio e anche in questo caso l’incentivo economico sarebbe importante. Claudio ribadisce che il ritardo di un mese-un mese e mezzo porterebbe più tranquillità di copertura finanziaria. Chiara dice che comunque, se non aiutata, non vuole rischiare l’affitto della nuova casa, ritarderà comunque la risposta all’agenzia immobiliare per vedere come si evolve la situazione».
LA DIFESA DELLA MOGLIE – «Claudio Scajola è un galantuomo, con una grande testa e un grande cuore». È quanto dichiara Maria Teresa Scajola in riferimento all’inchiesta giudiziaria della Dda di Reggio Calabria che ha portato all’arrestato dell’ex ministro. La signora era rimasta in silenzio dal giorno dell’arresto del marito.
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