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POTENZA – Avrebbero minacciato il guardiano tenendolo sotto tiro fin quando non si è messo al riparo. Poi hanno svuotato il caricatore di un mitra a canna corta su muro perimetrale dello stabilimento e sono risaliti in motocicletta dileguandosi nella notte.
E’ quanto accaduto il mese scorso a Lavello in contrada Maggesaria, proprio al confine con Canosa di Puglia, dove due uomini col viso nascosto da caschi integrali verso le nove di sera hanno aperto il fuoco contro una nota ditta di ortofrutta.
L’episodio passato in sordina è tornato d’attualità alla luce di quanto successo sabato scorso a una ventina di chilometri di distanza, nella zona industriale di San Nicola di Melfi. Un altro assalto armato ai danni di un’attività economica gestita da un imprenditore di Lavello. Ma questa volta in pieno giorno, con l’esplosione di 9 colpi di calibro 9 che hanno danneggiato 3 auto e una vetrata dello stabilimento. Sempre da parte di una coppia di motociclisti con i caschi in testa in sella a una moto di grossa cilindrata.
A occuparsi dei due casi sono i carabinieri del nucleo operativo radiomobile delle compagnie di Melfi e Venosa, che starebbero vagliando ancora tutte le ipotesi. Ma la pista più accreditata resta quella del gesto intimidatorio da collegare a un tentativo di estorsione nei confronti dei titolari.
Di certo erano anni che non si registravano aggressioni di questo tipo da parte di soggetti capaci di procurarsi anche armi da guerra, di pianificare un’operazione ad alto rischio, e di portarla a termine. Una volta in pieno giorno e una volta neutralizzando una guardia giurata. Tutti elementi che fanno pensare a dei soggetti esperti agganciati al crimine organizzata. Ma non per forza lucani, vista la vicinanza col confine e i traffici di ogni genere che avvengono ad ogni ora lungo la statale 93, Appulo lucana, e la provinciale 48 del basso melfese. Motivo per cui non si esclude che si tratti di un’incursione da fuori regione, fermo restando che chiunque sia stato ha avuto bisogno di un “basista” del posto per preparare il piano ed evitare brutte sorprese.
Un’ultima coincidenza riguarda l’attentato subito il 20 aprile, a metà tra l’episodio di Lavello e quello di San Nicola, da Sergio Cassotta, l’ultimo rimasto a piede libero dei fratelli accusati di far parte dell’omonimo clan, che è tutt’ora a processo per associazione mafiosa ed estorsione. A sparargli all’ingresso del centro commerciale Arcobaleno di Melfi, dove lavora come guardia giurata, è stato un 35enne di Melfi, Luciano Grimolizzi, imputato a sua volta per estorsione con l’aggravante del metodo mafioso assieme a 2 personaggi del calibro di Michele Morelli e Gerardo Prota, a processo – tra l’altro – anche per l’omicidio di suo fratello Bruno Cassotta.
Di fronte al gip Grimolizzi ha detto di aver sparato per una parola di troppo rivolta da Cassotta a sua moglie. Ma tra gli investigatori sono in tanti a dubitare della sua versione.
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