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QUANDO il Cras è stato istituzionalizzato, nel 2004, la Provincia di Potenza mise a disposizione 22.000 euro all’anno. Non è una cifra enorme, «ma era giusta, con quei soldi riuscivamo ad andare in pari». Per offrire riparo e cure agli animali selvatici, il Cras (Centro recupero animali selvatici) di Pantano di Pignola ha oggi invece un budget molto meno “ricco”, meno della metà. Parliamo di 10.000 euro l’anno e di un bel bagaglio di insicurezza per il futuro. Ciononostante il Centro ospita al momento circa una ventina di rapaci e 36 tartarughe, «anche se il numero è variabile, possono esserci di continuo nuovi arrivi».

Francesco Romano e Andrea Cerverizzo sono i responsabili di NovaTerra, la cooperativa che da circa un decennio gestisce il Centro. Ma la passione e l’amore per quegli animali, negli ultimi anni si è trasformata in continua ricerca di equilibri difficili da mantenere. Perché gli animali che vengono raccolti e portati al Cras spesso sono feriti e bisogna chiamare il veterinario. «E lui deve giustamente essere pagato», spiega Francesco Romano. Ma poi bisogna garantire agli animali il necessario per mangiare, così come sarebbe necessario riuscire a tirar fuori degli stipendi minimi per chi materialmente lì lavora. «E a parole si dicono tutti interessati, ma poi alla fine nessuno paga». E al danno la beffa quando, alla fine dello scorso dicembre, la convezione con la Provincia scade. «A quel punto noi materialmente non potevamo più accogliere animali. Le leggi sono diventate molto restrittive e quando sono venuti a portarci animali in difficoltà abbiamo dovuto dire di no. Avremmo potuto rischiare anche una denuncia». Per risolvere la situazione almeno dal punto di vista legale la Provincia «ci ha fatto un bel nulla osta», che non risolve però i problemi pratici. Perchè quelli restano e mettono sempre a rischio una struttura che, invece, è essenziale.

«E’ da tempo – spiega Francesco – che chiediamo la convocazione di un tavolo tecnico con tutti i soggetti interessati. Perchè in effetti non è solo la Provincia a essere interessata alla questione. A noi, infatti, si rivolgono gli operatori dell’Ente Parco Appennino Val d’Agri, per esempio. Circa un terzo degli animali che ospitiamo vengono dal Parco. Ma coinvolto è anche il Corpo forestale dello Stato, la Regione Basilicata, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), oltre al Wwf di cui noi siamo un braccio operativo».

Tutti interessati, ma poi nessuno muove un dito. E così quel tavolo tecnico più volte chiesto dalla cooperativa, da mesi viene rinviato. E il problema resta solo dei ragazzi che, tra mille difficoltà, cercano di tenere in piedi una struttura importante per il territorio. «Finora ce l’abbiamo fatta inventandoci anche altre iniziative, come per esempio i corsi di educazione ambientale con le scuole. Così riusciamo a tamponare. Ma, per esempio, non possiamo tenere aperta la struttura tutta la giornata, come invece facevamo all’inizio. E so che le persone non sono contente di trovare i cancelli chiusi». Ma senza soldi – diceva il proverbio – non si cantano messe. E senza il necessario sostegno anche le passioni e l’entusiasmo più sincero alla lunga viene meno.

«Il punto è che ti ritrovi a fare un lavoro particolare, non è che possiamo prendere gli animali e abbandonarli». Ed è per questo che poi fanno ancora più male i silenzi di chi dovrebbe star lì ad aiutarti. Così come offendono i tagli continui: diecimila euro significa dover lavorare con molto meno di mille euro al mese. E il lavoro vero così è riuscire a stare in piedi.

a.giacummo@luedi.it

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