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CATANZARO – Otto giornalisti sono stati condannati dal gip di Salerno per violazione del divieto di pubblicare atti «per i quali – scrive il gip – anche se non più coperti da segreto istruttorio, vigeva ancora il divieto di pubblicazione». Si tratta di una condanna che prevede una serie di sanzioni di natura pecuniaria sostitutive della reale sanzione penale comminata. (LEGGI LA SOLIDARIETA’ DEL CDR DEL QUOTIDIANO)
Sull’argomento è intervenuto manifestando tutto la sua preoccupazione il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria Giuseppe Soluri.
«Otto giornalisti condannati, senza neppure essere stati mai sentiti da un magistrato, per avere pubblicato notizie rilevate da un’ordinanza del Gip di Salerno già notificata agli indagati ed ai loro difensori e già impugnata dinanzi al Tribunale dei Riesame. Sulla testa dei giornalisti è piombato un decreto penale di condanna con conversione della pena detentiva in una pena pecuniaria compresa tra i 1.500 euro e i 3.000 euro ciascuno. – afferma Soluri. Il decreto penale è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari di Salerno, Maria Zambrano. I giornalisti – prosegue la nota – sono accusati di aver pubblicato “atti e documenti – così si legge nelle imputazioni formulate dal pm di Salerno Rocco Alfano – per i quali, al momento della loro pubblicazione, anche se non più coperti da segreto istruttorio, vigeva ancora il divieto di pubblicazione”».
I giornalisti avevano pubblicato, a partire dal mese di gennaio del 2013, notizie attinte da un’ordinanza dell’ufficio gip del Tribunale di Salerno (già notificata agli indagati e ai loro difensori e già impugnata dall’accusa al Tribunale del Riesame di Salerno) attraverso la quale veniva rigettata la richiesta di misura cautelare interdittiva richiesta dall’ufficio di Procura – allora guidato dall’attuale procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, affiancato in quell’indagine dallo stesso pm Alfano – a carico di tre magistrati del distretto giudiziario di Catanzaro finiti in un’indagine del Ros la cui posizione, per presunti reati aggravati dalle finalità mafiosa, sarebbe stata poi archiviata per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. I giornalisti condannati con un procedimento speciale – senza udienza preliminare né dibattimento, quindi consumato “inaudita altera parte” – sono i direttori responsabili del Quotidiano della Calabria e della Gazzetta del Sud, Emanuele Giacoia e Alessandro Notarstefano, il direttore responsabile pro tempore di Calabria Ora, Piero Sansonetti, i giornalisti del Quotidiano della Calabria Pietro Comito, Stefania Papaleo e Gianluca Prestia e i giornalisti di Gazzetta del Sud Nicola Lopreiato e Marialucia Conistabile».
«La richiesta di emissione del decreto penale di condanna – scrive l’OdG della Calabria – è stata depositata dal pm Rocco Alfano il 16 settembre del 2013 e trae origine da una comunicazione di notizia di reato formulata dal Ros di Catanzaro il 7 gennaio 2013, che segnalò gli articoli pubblicati nei giorni precedenti. Secondo il Ros e la Procura (che condussero l’inchiesta poi naufragata sulle toghe di Catanzaro oggetto degli articoli), prima, e il gip di Salerno, poi, le notizie non potevano essere pubblicate “perchè non si erano ancora concluse le indagini preliminari di quel procedimento con eventuale deposito di avviso di conclusione delle indagini o di richiesta di rinvio a giudizio”. In pratica, se il principio seguito dai magistrati di Salerno contro gli otto giornalisti fosse corretto, non si potrebbero pubblicare sugli organi di stampa notizie su inchieste giudiziarie o operazioni di polizia giudiziaria, relative ad avvisi di garanzia, ordinanze cautelari personali o reali, pronunciamenti del Tribunale del Riesame o della Suprema Corte nella fase cautelare, fino alla conclusione delle indagini preliminari. Il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria sottolinea come, se questo principio dovesse fare giurisprudenza i giornalisti italiani sarebbero esposti ad un’ondata di decreti penali di condanna, con pedisseque sanzioni detentive e pecuniarie, con una evidente limitazione della libertà di stampa e del diritto dei cittadini ad essere informati».
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