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Il tribunale Amministrativo regionale di Basilicata riapre il caso del Mulino Alvino. Azzera le decisioni prese dal Comunee le conseguenze che ne sono scaturite annullando di fatto il permesso a costruire che è stato concesso e che ha riguardato il Mulino Alvino e in via compensativa anche l’area verde di via Dante dove è stato autorizzata la possibilità di costruire. La decisione dei giudici del Tar è arrivata in seguito al ricorso che alcuni residenti insieme alle associazioni avevano presentato rispetto a via Dante (ma i due provvedimenti con Mulino Alvino, in base a quanto sempre sostenuto sono sostanzialmente collegati) chiedendo appunto l’annullamento del permesso a costruire.

Il Tar, con decisione del 19 aprile, ha sottolineato come i rappresentanti della associazioni (Michele Morelli e Marino Trizio) non avessero titolo per proporre il ricorso ma ha accettato di fatto quello dei residenti.

In più è stato sottolineato nella sentenza la necessità di dover far esprimere il Consiglio comunale su una materia che come quelle di programmazione urbanistica va indicata e definita proprio dall’assemblea comunale. Anche quest’ultimo un aspetto sul quale si è aperta una lunghissima discussione ed un ampio dibattito all’interno del Consiglio, tra giunta e Consiglio e tra le varie parti dell’Amministrazione.

«Con riferimento, invece, al procedimento autorizzatorio il legislatore statale, “sino all’entrata in vigore della normativa regionale” prevede l’applicazione della disciplina autorizzatoria rafforzata di cui all’articolo 14 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, che richiede la previa deliberazione del Consiglio comunale per il rilascio del “permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali”» si legge nella sentenza del Tar.

«Tale deliberazione preliminare del Consiglio Comunale costituisce, quindi, un elemento necessario per il rilascio del permesso di costruire ai sensi dell’art.5, comma 9 e seguenti, del D.L. n.70 del 2011.

Tale particolare natura del permesso di costruire rilasciato ai sensi dell’art.5, comma 9 e seguenti, del D.L. n.70 del 2011 porta quindi ad escludere che l’autorizzazione in questione possa essere rilasciata secondo il procedimento ordinario, con la conseguenza che l’assenza della previa deliberazione del Consiglio comunale sul progetto presentato dal privato vizia il procedimento stesso».

Nell’ambito della richiesta avanzata ed accolta i residenti sottolineavano come vi era «incompetenza del dirigente a rilasciare il permesso di costruire che avrebbe dovuto essere rilasciato previa delibera del Consiglio comunale e che vi fosse violazione dell’art. 5, comma 14, del decreto legge 13 maggio 2011, che non consente di violare il rispetto degli standards urbanistici, quale quello a verde pubblico dell’area di via Dante sul quale invece il progetto assentito prevede la realizzazione dell’intervento edilizio con contestuale delocalizzazione del verde fuori del centro urbano».

E ancora che vi fosse «violazione dell’art. 80 delle norme tecniche o di attuazione, il quale prevede che nelle aree verdi libere all’interno del tessuto “Ud/B1” è possibile realizzare parcheggi, ma solo per soddisfare le esigenze della residenza o dei servizi che ricadono nel tessuto;

Violazione del vincolo di inedificabilità relativo posto dall’art. 49 del d.p.r. n. 753/1980, atteso che con riferimento all’opificio Mulino Alvino sono stati assentiti interventi di demolizione a distanza di circa 2-3 metri dalla ferrovia Appulo lucana».

p.quarto@luedi.it

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