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REGGIO CALABRIA – Un uomo è stato arrestato a Reggio Calabria con l’accusa di riduzione in schiavitù e atti persecutori nei confronti di due donne, madre e figlia. Ma è solo l’ultimo tassello di una lunga sequenza di violenza di genere che ieri, a Cosenza, ha portato all’arresto di un altro individuo che usava violenza sulla compagna fino a costringerla a mangiare a terra.
LE DUE VESSATE NEL REGGINO – E’ stata la madre, che ha 54 anni anche se ne dimostra molti di più, a denunciare nell’ottobre scorso la situazione vissuta insieme alla figlia a causa del condizionamento psicologico che Massimo Idone, arrestato oggi a Reggio Calabria per riduzione in schiavitù e atti persecutori, esercitava nei loro confronti. Alcuni militari si sono quindi appostati davanti all’ufficio postale dove la donna, vedova, incassava la pensione di reversibilità del marito e hanno avuto modo di sorprendere Idone che, dopo essersi avvicinato a bordo di uno scooter, si è appartato con lei. Tra i due c’è stato uno scambio di denaro, mille euro. Da quell’episodio sono partite ulteriori indagini che hanno portato alla scoperta della situazione drammatica vissuta dalle due donne e alla denuncia.
Madre e figlia da febbraio a ottobre dello scorso anno non uscivano più di casa. Non potevano telefonare e gli era preclusa anche la possibilità di essere curate malgrado la donna, di 54 anni, sia diabetica e con seri problemi ad un occhio e la figlia soffra di problemi psichici molto seri.
Idone, che si era legato sentimentalmente alla ragazza, aveva vissuto per alcuni mesi in casa delle due donne ma la convivenza non era stata facile: l’uomo era geloso della ragazza e prima di allontanarsi dall’abitazione aveva ingannato le due donne facendo loro credere che la casa era piena di microspie e che non bisognava accendere il televisore perché attraverso quel mezzo venivano controllate.
BOTTE E RECLUSIONE NEL COSENTINO – Ed è una storia di segregazione anche quella che viveva a Cosenza un’altra donna. Dopo l’ultima violenza la donna era riuscita a scappare e a rivolgersi ai carabinieri della stazione di Cosenza principale. Il maresciallo Saponangelo ha ascoltato il racconto di notti insonni, di botte e di violenza psicologia. «Metteva il coltello sul tavolo per farmi capire che se facevo qualcosa di strano o provavo a scappare lo avrebbe usato contro di me» ha detto la donna in lacrime e con i segni evidenti delle percosse sul volto. Costantin Paduraru, 52 anni, dopo la denuncia della donna e dopo le indagine è stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di sequestro di persona, lesioni personali aggravate e minacce commesse ai danni della proprio compagna.
I due, entrambi rumeni, si erano conosciuti in Italia, si erano innamorati e avevano iniziato a vivere insieme ma dopo un primo periodo di idillio e di vita familiare serena il Paduraru era cambiato. Aveva tirato fuori il carattere violento, non aveva un lavoro fisso e spesso era ubriaco. In questo modo ogni scusa era buona per prendersela con la compagna. Una vita che era diventata un inferno e dalla quale era difficile sottrarsi. La donna non subiva solo violenze e maltrattamenti, bastava un piatto fuori posto, ma era costretta a rimanere in casa, nessun contatto con l’esterno. Da sola non poteva uscire e quando Paduraru lasciava l’abitazione la chiudeva in casa a chiave. La paura era anche che lei potesse denunciarlo. E infatti dopo l’ennesima lite violenta, approfittando di un momento di distrazione del compagno, la donna era riuscita a scappare per andare a denunciare le violenze subite.
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