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HA DECISO di scrivere una lettera. Vuole far conoscere il vero animo del padre. Un genitore,  Carmine Campanella, molto discusso e soprattutto  condannato alla galera.

Negli ultimi giorni l’uomo è tornato a far parlare di sè. E non per fatti giudiziari. Ha ricevuto un encomio dal vicedirettore del Dipartimento di amministrazione penitenziaria Francesco Cascini per il suo comportamento avuto nell’incidente del 24 marzo dove è stato coinvolto il cellulare su cui viaggiava insieme a 5 agenti della polizia penitenziaria.

«Poteva scappare – ha detto Cascini – invece ha soccorso gli agenti». Sulla scia di questo riconoscimento il figlio Giuseppe ha scelto il Quotidiano, che si è occupato della vicenda, per scrivere una lettera. Riceviamo e pubblichiamo.

 

di GIUSEPPE CAMPANELLA

HO DECISO di scrivere queste righe, per rendere noto a tutti il buon comportamento di mio padre dopo il ribaltamento del blindato avvenuto il mese scorso sulla Potenza-Melfi, mentre rientravano al penitenziario sulmonese dopo un processo al tribunale del capoluogo lucano.

Pochi giorni fa, l’11 aprile, nel carcere abruzzese, si è tenuto un convegno “Fine pena mai?” con la presenza di molte autorità dello stato e il vice capo del Dap, il quale ha conferito a mio padre un riconoscimento, un encomio, “Lode solenne fatta da persona autorevole, sia orale che scritta su speciale documento”.

Come si può apprendere dai vari articoli di giornale usciti in questi giorni, affermavano la possibilità di un’eventuale evasione con “l’agevolazione” di armi presenti nel blindato, ma, mio padre, è rimasto lì a prestare aiuto ai 5 agenti di scorta feriti. Ha dimostrato rispetto e amore per il prossimo senza alcuna distinzione di appartenenza sociale.

Concludo questo scritto con la speranza che le persone capiscano chi è davvero Carmine Campanella, e non un pericoloso criminale come costantemente viene definito nelle aule del tribunale, facendogli girare carceri di massima sicurezza del Nord Italia, sottolineando i molti anni passati a 41 Bis, dove i colloqui di un ora erano tortura, non potendolo toccare, ne abbracciare, colloquiando attraverso una cornetta telefonica, separati da un vetro.

Ho gli occhi di chi ne ha passate tante, e il sorriso di chi ce la farà sempre…

Sono fiero di te mio caro papà.

Con stima e affetto tuo figlio.

 

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