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BARI – Migliaia di tonnellate di rifiuti speciali provenienti da impianti di compostaggio e di stoccaggio in Campania sarebbero state smaltite in Puglia illecitamente e senza i trattamenti richiesti, e in un caso, a luglio dell’anno scorso, nel capannone abbandonato della Ceramica Normanna di San Nicola di Melfi.

E’ quanto emerso dalle indagini del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Bari, del comando provinciale dei carabinieri di Foggia e della Direzione investigativa antimafia di Bari che ieri hanno portato all’arresto di 14 persone tra amministratori, soci e autotrasportatori di società che lavorano allo smaltimento e al trattamento dei rifiuti. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, ha portato anche al sequestro di aziende, stabilimenti, automezzi pesanti e discariche abusive per un valore di 25 milioni di euro.

Tra gli arrestati, tutti destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per traffico illecito di rifiuti,  c’è anche un indagato che figurava nella lista di persone consegnata il 7 ottobre 1997 dal pentito Carmine Schiavone alla Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Si tratta del titolare di una impresa coinvolta nelle attività della cosiddetta “ecomafia” campana.

Secondo quanto accertato dagli investigatori, i rifiuti erano prodotti in diversi Comuni della province di Salerno e di Caserta: la frazione umida, dopo una sosta in impianti di compostaggio campani, veniva “tombata” in un enorme cratere ad Ordona (Foggia). Mentre almeno 12.000 tonnellate di frazione secca sarebbero state disperse tra Puglia, Molise, Campania e Basilicata, dove lo scorso 27 luglio sarebbe toccato al capannone della Ceramica Normanna.

In Campania è stato eseguito il sequestro preventivo urgente della “Sele Ambiente srl” di Battipaglia, i cui titolari avrebbero gestito un traffico illecito di rifiuti prodotti in diversi comuni della provincia di Salerno, nonché da privati. 

Per quanto accertato, la frazione umida dei rifiuti, dopo essere stata trasportata nei siti di stoccaggio della “Sele Ambiente”, veniva trasferita nell’impianto di compostaggio della “Biocompost Irpino” di Bisaccia e senza alcun tipo di trattamento, con falsi documenti di accompagnamento, veniva definitivamente smaltita mediante “tombamento” in un enorme cratere in un’area agricola di Ordona, gestita dalla “Edil.C.”.

Stessa sorte subivano i rifiuti della frazione secca che la “Sele Ambiente” conferiva alla “Spazio Verde Plus” di Carapelle. I rifiuti venivano trasferiti in un capannone di stoccaggio in località Santa Cecilietta di Foggia, per essere illecitamente sversati in alcune cave abbandonate di Trani e Poggio Imperiale, ma anche in fondi agricoli di Foggia, Potenza e Benevento.

In alcuni casi lo sversamento sarebbe avvenuto vicino a zone lacustri o corsi d’acqua di grande rilevanza paesaggistica e faunistica, ovvero aree protette. Per gli smaltimenti illeciti sarebbe stata usata come base operativa l’area di parcheggio di Carapelle della “Ecoball Bat” di Cerignola.

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