CATANZARO – Usura ed estorsione. Ai danni di un imprenditore cosentino che, dopo aver subito per anni ogni tipo di sopruso, alla fine ha detto basta. Ha oltrepassato la barricata e svelato tutti i retroscena di una vicenda da incubo fatta di minacce e ricatti, violenze e abusi. Che, alla fine, ne avrebbe messo in pericolo la stessa vita. Tanto che i magistrati della Dda di Catanzaro, che ne avevano raccolto le dirompenti dichiarazioni, non hanno perso tempo e, provvedimento di fermo alle mani, spedito i carabinieri ad arrestare quattro persone. In calce, la firma del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, e del sostituto procuratore antimafia, Pierpaolo Bruni, che hanno seguito personalmente tutte le fasi del blitz scattato oggi lungo le strade di Cosenza.
A far scattare le manette intorno ai polsi di Roberto Porcaro, ritenuto il reggente della cosca Lanzino, e dei suoi tre presunti complici, tra cui due imprenditori in odor di mafia, sono stati i carabinieri della Compagnia di Rende, che, su imput dei magistrati, non gli hanno lasciato scampo. Ne hanno seguito ogni mossa per tutto il giorno, aspettando il momento giusto per entrare in azione. Quindi, il blitz che, uno dopo l’altro, ha portato in cella tutti e quattro gli uomini che, a detta della vittima, lo avevano ormai messo in ginocchio, con la richiesta di interessi da capogiro rispetto a quel denaro che gli avrebbero prestato nei momenti di difficoltà economica. Quindi, giù con minacce e violenze, in un caso appropriandosi anche di alcune armi che l’imprenditore possedeva in casa regolarmente. Da qui anche le accuse di detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo e ricettazione con l’aggravante mafiosa ipotizzate a carico dei quattro uomini finiti in manette dal sostituto procuratore antimafia, Pierpaolo Bruni, il cui provvedimento di fermo dovrà adesso trovare l’avallo del gip distrettuale, chiamato a convalidarlo e a decidere l’eventuale misura cautelare da applicare a carico di ciascun indagato.
Sono finiti in manette Roberto Porcaro, 29 anni, Antonio Basile di 30 anni, Maurizio Basile di 49 anni e Alberto Fioretti di 36 anni. La vittima è un imprenditore che ha denunciato di avere ricevuto un prestito di cinquemila euro nella primavera del 2012, da restituire a rate di 750 euro mensili e corrispondendo in garanzia un assegno di cinquemila euro, e successivamente cinque assegni di mille euro più otto rate per seimila euro. Nel dicembre del 2013, Porcaro ha chiesto alla vittima di estinguere il debito pagando settemila euro più la cessione delle armi in suo possesso, minacciandola di morte nel caso in cui non avesse intestato la casa ad Antonio Basile. L’immobile è stimato in duecentomila euro. Nel marzo scorso, gli aguzzini e l’imprenditore sono persino arrivati davanti al notaio per la firma di un preliminare di vendita. In quella occasione, Basile avrebbe puntato una pistola alla testa dell’imprenditore minacciando di sparargli e renderlo paralitico. Successivamente, ha riferito alla vittima di essere garante della sua vita perchè dietro di lui c’era un’organizzazione criminale.