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GENZANO DI LUCANIA – La scorsa settimana, a causa di una burocrazia ottusa, incapace di valutare in termini umani le singolarità specifiche del proprio oggetto, una famiglia ha dovuto aggiungere altra sofferenza al quella già intensa di una perdita.
Ora, a freddo, il figlio del defunto chiede che la notizia venga divulgata il più possibile, per sensibilizzare, affinché ad altri non capiti la stessa sorte.
Mercoledì notte, Rocco Albani (75 anni) ha un problema al cuore. Il medico di guardia valuta la gravità della situazione e decide di far intervenire il ‘118’. Giunge un autoambulanza non medicalizzata (e questo, in tutto l’Alto Bradano, è uno dei tanti problemi di lunga data!), la quale, sulla sp 123, in corrispondenza di una stazione di servizio, incrocia un altro mezzo con medico a bordo, partito dal “San Carlo”. Ma Albani intanto è deceduto. La constatazione ufficiale avviene nel momento in cui si tenta il trasbordo.
E qui inizia l’odissea. Per i figli e la moglie del defunto pareva scontato che si potesse far ritorno tutti a casa per tenersi il proprio caro vicino nel classico rituale propedeutico all’elaborazione di ogni lutto. Invece no. Ci racconta Pasquale Albani che «il responsabile sanitario di turno si è sentito in dovere di applicare la legge alla lettera: la dichiarazione di morte era avvenuta ad un paio di chilometri dal confine di Genzano, in territorio di Tolve, cosicché ha decretato che la salma dovesse essere trasportata presso l’obitorio del paese di competenza. E chissà – aggiunge – se sarebbe stato altrettanto ligio al dovere se in quell’autombulanza ci fosse stato suo padre!»
Il cimitero di Tolve è chiuso. È giorno di chiusura. Viene fatto riaprire con urgenza, e il corpo è deposto in una stanzetta misera, gelida, lugubre: che aggiunge morte alla morte.
Il corpo di Rocco Albani resterà lì fino a venerdì mattina, causando un disagio indicibile a parenti e amici, costretti a un via vai continuo, increduli, sfiniti.
Poi finalmente il trasferimento a Genzano, direttamente in chiesa, per il funerale.
Tutto questo per lo sconfinamento di un paio di chilometri.
E sì, la Legge è Legge. Ma tante volte nella storia sono stati perpetrati più danni nell’ostinazione a perseguirla scrupolosamente che non utilizzando l’intelligenza e la pietà umane per adeguarla alla necessità del caso, per renderla a misura d’uomo.
«Per noi è passata, ormai – conclude Pasquale Albani, figlio del malcapitato ed egli stesso infermiere professionale – ma spero che questa brutta storia faccia riflettere e soprattutto che non si ripeta».
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