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CONDIVIDO QUANTO scritto in modo accorato da Alberto Musmeci sul vostro giornale a proposito del ponte progettato e realizzato dal fratello Sergio nell’ articolo intitolato “Chi si farà carico del ponte? Che vergogna se dovessimo demolirlo“.
L’articolo esprime sensibilità culturale ed artistica, buon senso tecnico e politico. Tutto ciò che manca attualmente. Purtroppo.
Alberto Musmeci rafforza quanto da noi già ribadito nella lettera (mia e del prf. Giuseppe Biscaglia) inviata al Presidente della Giunta di Basilicata in cui si chiedeva di rinviare il lavori di illuminotecnica per operare un’attenta opera di restauro del Ponte, come d’altronde ritiene tecnicamente urgente e necessario, a quasi cinquant’anni dalla costruzione dell’opera, lo stesso Musmeci. Altrimenti il ponte corre il rischio di non esserci più.
Alberto Musmeci ribadisce giustamente il valore del ponte sia come manufatto ingegneristico- architettonica sia come opera artistica.
La caratteristica di questo opera è he essa è un UNICUM per le sue invenzioni strutturali e formali «tanto che il ponte di Potenza- dice Musmeci – è restata, credo a tutt’oggi, l’unica realizzata che materialmente incarna questi principi».
E più in là, in merito alla superficialità tutta Italiana rispetto alle opere d’ingegno aggiunge qualcosa che sottoscrivo in pieno: «penso alla vergogna di tutto un Paese che ha avuto la capacità progettuale, tecnica e amministrativa di realizzare opere di grande valore culturale se dovesse poi dismetterle o, in definitiva, demolirle. Del resto, analoghi ponti stradali in calcestruzzo di rilevante valore culturale, per esempio quelli progettati da Maillard negli anni trenta in Svizzera, dopo sessanta-settanta anni sono stati tutti soggetti a integrali interventi di conservativi ai fini di ripristinarne la durabilità».
La nostra proposta, di pensare a un restauro del ponte, andava e va esattamente in questa direzione per compiere su di esso una grande ed autentica operazione culturale.
Un altro aspetto che ci va di rimarcare in sintonia con quanto viene affermato nell’articolo riguarda il rispetto dell’opera nella sua essenzialità, altrimenti se ne snatura tutta la sua bellezza e la sua purezza formale.
Dice Musmeci «non riesco ad immaginare parapetti o ringhiere per i pedoni che non alterino la purezza di linea del ponte, anche se lo stesso progettista, solo in teoria, questo passaggio lo prevedeva. Non si rischia qualche cosa tipo montagne russe o, per dirla grossa, formiche che passeggiano sull’arcobaleno? Non è questa certo la cosa più urgente da risolvere».
Non c’è bisogno di caricarlo di superfetazioni estetiche, o spettacolari, la sua bellezza sta tutta nelle sue forme.
Come associazione Basilicata 1799 abbiamo lanciato in tante occasioni (Arte in Transito, Festival Città delle Cento Scale) l’idea del MusmeciArt, di far incontrare la grande arte contemporanea con il ponte, non di sovrapporre ad asso maschere o fronzoli.
Quando si afferma che l’arte è un bene comune si vuole anche dire che se ne deve prendere cura l’istituzione in modo adeguato e con il massimo rispetto, senza fregole di spendere a tutti i costi soldi inutilmente.
Lo so è difficile chiedere questo in periodi di ubriacatura elettorale ma ci proviamo lo stesso.
*Pres. Ass. Basilicata 1799
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