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GRAZIE a Gennaro Giuseppe Curcio, uno studioso lucano di raro talento, veniamo invitati a confrontarci con il pensiero di grandi filosofi, animati da una grande fede religiosa, su aspetti fondamentali che attengono al nostro sentire, al nostro vivere e, nel caso specifico, al senso ed al significato che hanno per la nostra vita l’amore, la passione, l’amicizia, il nostro stare con gli altri sino alla dimensione politica.

Prima di offrire al lettore qualche altro dettaglio biografico ci interessa evidenziare la qualità dei suoi studi, l’ultimo dei quali,  Bellezza e responsabilità. 

I Fondamenti della Virtù politica (nel pensiero di Jaques Maritain) è pubblicato dalla prestigiosa casa editrice Il Mulino di Bologna.

Non sfuggirà l’utilità di questa proposta culturale in un tempo abituato a considerare come marginale o irrilevante ogni riflessione che parte da premesse religiose e che sembra dimenticare che la filosofia, a differenza della scienza, non è “evolutiva” nella sua essenza, non dipende dal tempo, ma affonda le sue radici nell’ansia di verità e di conoscenza che ciascuno di noi porta dentro di se. Prima di Bellezza e responsabilità, Gennaro Curcio ha pubblicato due importanti saggi: Amore-passione, amore-dilezione. Un confronto-intreccio tra san Tommaso d’Aquino e Dante Alighieri (edito da Aracne nel 2005) e Il volto dell’amore e dell’amicizia tra passione e virtù. Una riflessione etica su Jacques Maritain (edito da Rubettino nel 2009). Del filosofo francese Jacques Maritain (1882-1973) Curcio è infatti profondo conoscitore e sa di poter proporre al lettore un autore espressione di una fede solida ed autentica, di per se di interesse per quanti avvertono di averla debole o non averne affatto.

Opportunamente Gennaro Curcio introduce il lettore alla rivisitazione di temi come l’amicizia e l’amore, secondo Maritain, evidenziando come siano il frutto di un’esperienza concreta vissuta tra il filosofo e Raissa, poetessa, poi divenuta sua moglie.

Dinanzi ai nostri occhi si dipana così lo straordinario itinerario di due spiriti innamorati che ricercando la verità, il senso delle cose, troveranno la fede, esplorando cosi tutte le espressioni dell’amore, dalla passione sino alla scoperta di un amore più profondo dell’eros (come documenta la raccolta dei loro scritti raccolti da Giancarlo Galeazzi con il titolo Matrimonio, amore amicizia).

Ed è proprio al ruolo delle passioni, alla dimensione positiva delle stesse, a patto che non siano espressione di uno spirito ripiegato su se stesso, che sono dedicate molte delle riflessioni del Curci, cosi come – seguendo Maritain – all’amore di dilezione o amore per il bene stesso dell’amato. Temi questi di grande interesse, soprattutto in queste settimane dove si fa un gran discutere di matrimonio e famiglia nell’ambito della vita ecclesiale e non solo.

Alla radice della crisi contemporanea Maritain individua l’esplosione del soggettivismo, di un io che si fa Dio.

Memorabili sono le pagine che il filosofo francese dedica a Rousseau, uno dei pensatori maggiormente responsabili di questa patologia dell’io.

Maritain mostra la doppiezza sincera della vita e del pensiero di Rousseau, lo smisurato amore di se che lo contraddistingue, tanto da non conoscere un uomo migliore di lui e considerarsi la virtù fatta persona; nel mentre chiarisce le conseguenze nefaste derivate dall’idea dell’uomo buono di natura, sorprende il lettore  scrivendo, quasi un Bergoglio ante-litteram: <<E noi stessi che lo giudichiamo, siamo forse posseduti da meno contrasti, disposti a meno abbandoni? Oseremmo noi dire, come egli (Rousseau) ci sfida vilmente, facendo dell’umiltà reclamata dagli altri un manto al proprio orgoglio: “Sono migliore di quell’uomo?”. Se lo spettacolo da lui offerto ci disgusta (…) egli risveglia in noi nostro malgrado, una certa qual tenerezza maledetta; è perché egli denuda tanto in noi che in lui l’umanità, e ravvisa così la simpatia naturale che ogni essere ha per il suo simile.>>

 Per poi però concludere: <<La questione è  di sapere se Egli non ci conduca precisamente a simpatizzare con le parti più basse della nostra anima e ciò che il gusto del senso ha di più guasto>>.

Già in queste poche riga mi sembra che si possa cogliere il vigore e il tono della riflessione di Maritain ed il fascino del suo incedere, che fanno di lui uno scrittore attualissimo.

Opere come I tre Riformatori (Lutero, Cartesio Rousseau), Umanesimo integrale o Il contadino della Garonna se rilette oggi offrono ancor più motivi di riflessione di ieri.

In campo politico Maritain si interroga su quale possa essere la missione dei credenti nel nostro tempo e quale  l’impegno per una società libera, pacifica  e giusta in un contesto ideologicamente pluralista e sempre più lontano da ogni riferimento al cristianesimo. Una condizione questa, sottolinea l’intellettuale francese, conseguente alla naturalizzazione e laicizzazione del cristianesimo, che ha finito con il determinare il proliferare di mezze verità o verità impazzite, e modi di pensare colmi di equivoca bontà e falso umanitarismo: <<l’uomo ha negato tutto il male e l’irrazionale in lui in modo da poter gioire della testimonianza della propria coscienza, da essere contento di se, giusto per se stesso.

Egli prende dimora così nell’illusione e nell’inganno di una falsa coscienza di se (..) Fa d’altra parte uso di moralismo e spiritualismo (..) ma le vuota di ogni contenuto prezioso (..) perché le ha separate dal Dio vivente e dall’amore>>.

In un’epoca segnata da questa deriva culturale, per Maritain la questione prioritaria non è la difesa di ciò che sopravvive della civiltà cristiana, approccio che attrasse sul filosofo francese aspre critiche, quanto piuttosto quello di ridefinire una visione metapolitica in grado di generare un rinnovato impegno nella storia senza trascurare però l’esigenza di una testimonianza non imprigionata nella storia, all’altezza della vocazione spirituale del cristiano e della speranza ultraterrena che connota la sua fede.

 Ai fondamenti dell’azione politica, delle azioni belle e responsabili, a servizio della bellezza nella società, dell’armonia e della coesione sociale, è appunto dedicato l’ultimo lavoro di don Gennaro Curcio.

Già perché Gennaro Curcio è un giovane sacerdote della diocesi di Potenza. Peccato che proprio in diocesi, il seminario di formazione politica dalla stessa promosso, dimentichi di proporre Maritain, nonostante possa avvalersi degli illuminanti studi del Curci.

Nemo propheta in patria?

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