TORINO – Quattro ergastoli e una condanna a 30 anni: questa la sentenza emessa oggi a Torino al processo per quattro omicidi legati alla ‘ndrangheta, avvenuti nel torinese tra il 1997 e il 1998: quelli di Antonio e Antonino Stefanelli e Franco Mancuso, uccisi in un regolamento di conti durante una faida tra famiglie ‘ndranghetiste per il controllo del territorio e del traffico di stupefacenti e di cui non sono mai stati ritrovati i corpi; e di quello dell’odontotecnico Roberto Romeo, ucciso a colpi di pistola in un agguato a Rivalta di Torino nel gennaio 1998. Per quest’ultimo agguato è stato condannato a 30 anni Antonio Spagnolo. Per i primi tre omicidi è stato inflitto l’ergastolo a Rosario Marando, Giuseppe Santo Aligi, Gaetano Napoli e Natale Trimboli. Il presunto mandante, Domenico Marando, è già stato condannato a 20 anni di carcere in un procedimento separato. L’accusa era sostenuta dai pm Roberto Sparagna e Monica Abbatecola.
«E’ una sentenza molto importante – ha commentato Sandro
Ausiello, procuratore reggente – che premia l’attività dei
magistrati e delle forze di polizia. La Corte d’assise ha
ritenuto attendibile e probante il quadro indiziario e ha
confermato l’attento lavoro di verifica delle dichiarazioni dei
collaboratori giustizia».
I corpi di Mancuso e degli Stefanelli non sono mai stati
trovati. Durante il processo, Rosario Marando, considerato dagli
inquirenti un esponente di una famiglia di primo piano della
criminalità calabrese in Piemonte, rivelò di sapere dove erano
sepolti, sia pure precisando di non essere l’autore degli
omicidi e di non essere un ‘pentitò o un collaboratore di
giustizia: le ricerche, nelle campagne di Volpiano, non hanno
dato esito.
La sorella di una delle vittime, che al processo ha reso
dichiarazioni preziose per la pubblica accusa, si è costituita
parte civile e ha ottenuto una provvisionale (un acconto
sull’indennizzo) di 150 mila euro.
«E’ una sentenza molto importante – ha commentato Sandro Ausiello, procuratore reggente – che premia l’attività dei magistrati e delle forze di polizia. La Corte d’assise ha ritenuto attendibile e probante il quadro indiziario e ha confermato l’attento lavoro di verifica delle dichiarazioni deicollaboratori giustizia».
I corpi di Mancuso e degli Stefanelli non sono mai stati trovati. Durante il processo, Rosario Marando, considerato dagli inquirenti un esponente di una famiglia di primo piano della criminalità calabrese in Piemonte, rivelò di sapere dove erano sepolti, sia pure precisando di non essere l’autore degli omicidi e di non essere un ‘pentito’ o un collaboratore di giustizia: le ricerche, nelle campagne di Volpiano, non hanno dato esito.La sorella di una delle vittime, che al processo ha resodichiarazioni preziose per la pubblica accusa, si è costituitaparte civile e ha ottenuto una provvisionale (un acconto sull’indennizzo) di 150 mila euro.